ANNO 14 n° 115
Viterbese: prima fallire, poi rinascere
La svolta in Comune può attrarre imprenditori seri per ripartire con un nuovo titolo
12/06/2013 - 04:00

VITERBO - (An. Ar.) Ci volevano settimane di richieste insistite, di riunioni e controriunioni, per capire ufficialmente che la Viterbese è soffocata dai debiti. Meglio tardi che mai? In questo caso, no. Perché il “tardi”, la conferma da parte del gruppo Deodati che la situazione è irreparabile, che il morto è sulla bara, arriva quando il tempo è scaduto, e restano solo pochi giorni per tentare un’altra strada di salvataggio. Le elezioni sono passate, il ballottaggio pure, i debiti sono sempre lì. Mostruosi. Così come sono mostruosi certi comunicati prodotti da chi ancora insiste nel prendere in giro la città e i tifosi: onore a Deodati e i suoi, che almeno hanno annunciato la loro rinuncia. Purtroppo ciò non basterà a garantire un futuro alla Gialloblu.

Perciò conviene ragionare su quello che potrebbe succedere di qui a metà luglio, termine ultimo per le iscrizioni. Con franchezza, con freddezza.

Prima ipotesi: la Viterbese resta così com’è, con due milioni e mezzo di euro sul groppone, in crescita visto che le ingiunzioni di pagamento nei confronti di ex tesserati continuano ad arrivare con puntualità svizzera. I debiti aumentano, la società non si iscrive neanche alla prossima D, e si va tutt’insieme verso un allegro fallimento. Magari con strascichi giudiziari, che comunque non vanno esclusi anche negli altri scenari. Morale della favola: la nobile e antica città di Viterbo si ritrova senza una squadra, si prende un anno sabbatico, o di vacanza, dal mondo del calcio. Pazienza, ma se dovesse servire per ripartire in modo più serio potrebbe anche essere un sacrificio accettabile.

Seconda ipotesi. Lorsignori, amministratore unico e chi da dietro tesse le fila, si dimostrano persone ragionevoli, corrono in tribunale, mettono in liquidazione la società e liberano il campo (anche quello sportivo) a eventuali altri imprenditori che vogliono fare calcio a Viterbo. Questa sarebbe l’ipotesi tecnicamente migliore – perché più rapida – ma anche la più ardua. Perché da parte degli attuali gestori del club non è mai trapelata alcuna volontà di salvare la baracca ma semmai quella di intorbidire le acque e guadagnare tempo.

Terza via. Visto che certe situazioni politiche sono evidentemente cambiate, sono venuti a mancare anche quei veti, quei paletti, che hanno tenuto lontano da Viterbo tanti potenziali presidenti. Uno su tutti: Piero Camilli (ma non è il solo). Ora, quelli che evitavano come la peste di fare calcio in città per evidenti ragionali (personali, politiche, di principio) potrebbe trovare il terreno giusto per approdare finalmente al Rocchi. In questo senso, nella conferenza stampa di ieri mattina, il nuovo sindaco Michelini si è dichiarato disponibile a parlare e prendere in esame qualsiasi protesta seria e affidabile che possa garantire la sopravvivenza dello sport ad alto livello da queste parti. Un segnale di apertura, senza preclusioni, molto importante, e che potrebbe essere recepito già nelle prossime ore da chi stava soltanto aspettando questo momento. A quel punto, potrebbe tornare in gioco il titolo della Flaminia, che il presidente Ciappici non vede l’ora di piazzare. Ma anche altri titoli potrebbe tornare buoni. Per ripulire definitivamente l’ambiente dagli speculatori, i parassiti e i delinquenti. E per varare un progetto vincente.






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