ANNO 14 n° 88
Viterbese: crisi tecnica
e psicologica
Questione complessa che coinvolge allenatore, squadra e società
08/11/2011 - 04:00

                                                   di Domenico Savino

VITERBO - Toccato il fondo, non resta altro che rialzarsi anche perchè peggio di così davvero non si può fare. Il risveglio dopo l'ennesima batosta subita in campionato è stato duro per la Viterbese. Un day after oscuro anche più della nuvole plumbee che coprivano il cielo del Rocchi dopo il triplice fischio che decretava la terza sconfitta consecutiva. Ma per capire un momento così negativo è necessario andare in profondità ad una complessa questione che abbraccia tutte le anime che compongono la Viterbese.

Innanzitutto i numeri, impietosi, descrivono il buio completo dalle parti della Palazzina: peggior inizio di stagione da quando i gialloblù sono tornati in serie D; restando alla stretta attualità la squadra ha vinto solo due volte, in tre occasioni ha pareggiato, poi solo sconfitte, pesanti nel risultato e nel morale. Battute d'arresto che hanno fiaccato anche le buone intenzioni di un gruppo sopravvalutato che ha dei costi di gestione elevati e che vive un cortocircuito psicologico del quale non trova le ragioni.

La squadra, fischiata dai tifosi, è partita con l'obiettivo di fare bene in campionato e di lottare per le posizioni di vertice: adesso si ritrova sul penultimo gradino della graduatoria e non reagisce. Dal punto di vista mentale c'è un evidente blocco che impedisce ai giocatori di esprimersi.

Tutti gli alibi sono caduti, la squadra è spalle al muro di fronte ai propri errori e alle proprie responsabilità; fino alla gara con il Pierantonio c'è stata reazione, perlomeno nervosa; da quella domenica si è spenta anche quella fiammella che teneva in piedi la speranza di raddrizzare la stagione. Da allora il nulla, squadra piatta che non risponde alle indicazioni del proprio tecnico.

Conticchio, appunto, si trova sul banco degli imputati: ma è colui che ha meno colpe di tutti, anche a detta del presidente Fiaschetti. Ha ereditato una squadra costruita da altri e per altri. Un gruppo che non ha voluto lui e che si ritrova a gestire con grandi difficoltà: la Viterbese aveva, ed ha tutt'ora, un gap di condizione fisica che continua a pagare nei confronti delle avversarie. Ha un'autonomia ridotta che non scollina l'ora di gioco, poi quando anche le gambe non rispondono più si comettono errori banali.

La società sembra essere, almeno nel tam-tam del tifo organizzato, sul banco degli imputati per l'attuale situazione: ha allestito una squadra che ha degli elevati costi di gestione, tra i maggiori della categoria. Difende Conticchio e ha promesso di ritornare sul mercato cambiando cinque, forse sei, giocatori. Tuttavia resta da chiedersi se un ulteriore esborso economico sia utile a trasformare una squadra piatta. Manca un progetto ed un obiettivo condiviso: adesso regna la confusione, con i tifosi che chiedono a Fiaschetti di lasciare e invocano il nome di Piero Camilli. Diverse volte l'attuale presidente del Grosseto è stato vicino alla Viterbese, ma mai c'è stato un interessamento concreto.

Va detto che l'attuale dirigenza ha salvato il calcio viterbese, accollandosi i debiti pregressi delle passate gestioni. E questo è un merito che va riconosciuto a Fiaschetti. Ma l'attualità impone altro: scelte nette, anche sconvenienti, ma che siano in grado di risollevare le sorti della squadra. Prima che lo spettro dell'eccellenza diventi realtà.






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