di Stefano Mecorio
VITERBO - Correvano (eccome se correvano) i primi anni 2000. E per quei pochi fortunelli che hanno avuto il coraggio, anzi il culo (a volte è bene essere espliciti) di trovarselo dinnanzi, per i corridoi dell'Unitus girava un certo Tomaso Montanari. Con quella ''m'' sola nel nome, e con quel curriculum promettente che di lì e poco avrebbe confermato ogni promessa.
Montanari il fiorentino, classe 1971, era ricercatore di ruolo di Storia dell’arte moderna, e si occupava nello specifico di Storia dell’arte e di Storia della critica d’arte. Sopra ogni altra cosa, però, Tomaso con una ''m'' sola, era un figo. E non perché bello o giovane, no. Piuttosto perché particolarmente intelligente. Fortissimo nel catturare le menti. Abile nel rendere piacevole anche l'argomento più palloso. Insomma, il classico insegnante che a Viterbo si dice: ''Questo è gajardo. Andrà via presto''.