ANNO 14 n° 116
Udienza preliminare per l'unica indagata
I familiari dell'urologo trovato morto nella sua casa a Viterbo nel 2004
rappresentati dall'ex Pm Antonio Ingroia e dall'avvocato Fabio Repici
19/01/2014 - 23:01

VITERBO - Al via oggi alle 12, davanti al Gup Franca Marinelli, l'udienza preliminare a carico dell'unica indagata per la morte di Attilio Manca: Monica Mileti, romana, accusata di aver fornito al giovane urologo in servizio presso l'ospedale di Belcolle la dose di eroina che, secondo la procura di Viterbo, ne causò la morte.

Una conclusione, quella del Pm Renzo Petroselli, che la famiglia Manca ha sempre contestato, sostenendo che il medico sarebbe stato ucciso dalla mafia dopo averlo costretto ad assistere il boss Bernardo Provenzano nell'intervento di cancro alla prostata cui fu sottoposto a Marsiglia nel 2003.

In precedenza, tutte le richieste di archiviazione della procura erano state impugnate dai Manca, ottenendo sempre un supplemento di indagini. Ma le conclusioni degli inquirenti non hanno subito sostanziali modifiche: non c’è alcuna prova ancorché labile che l’urologo sia stato ucciso dalla mafia. Al contrario, tutti gli elementi raccolti portano a ritenere che il suo decesso sia stato provocato da un cocktail di eroina e farmaci.

L’ultima impugnazione della richiesta di archiviazione, la quarta della serie, portò all'iscrizione nel registro degli indagati di sei persone, la stessa Mileti e cinque uomini di Barcellona Pozzo di Gotto, paese d’origine di Manca. Ma per tutti l’accusa era solo di cessione di droga. La pista mafiosa venne così definitivamente esclusa. Almeno per la giustizia.

Nel giugno 2012, la procura chiese l'archiviazione delle posizioni dei cinque uomini (Salvatore Fugazzotto, Ugo Manca, cugino di Attilio, Lorenzo Mondello, Andrea Pirri, Angelo Porcino, coinvolto in alcuni processi di mafia). E successivamente, il rinvio a giudizio per la Miletti, colei che avrebbe fornito l’eroina al medico.

Oggi, il Gup Marinelli deciderà se la donna dovrà essere processata o meno. Tuttavia, i legali dei Manca, Ingroia e Repici, ritengono di avere trovato altri elementi che suffragherebbero la pista mafiosa. Elementi che l’ex pm di Palermo ha dichiarato di voler sottoporre all'attenzione della procura nazionale antimafia per ottenere la riapertura del caso.





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