ANNO 14 n° 89
Udienza e sit in fuori al tribunale
La Dda ha aperto un fascicolo sulle dichiarazioni del pentito Setola
22/10/2014 - 15:57

VITERBO – L’udienza in aula e il sit in nel piazzale antistante il tribunale di Viterbo. Tutto nella mattinata di domani quando in via Falcone e Borsellino si tornerà a parlare del caso di Attilio Manca, l’urologo trovato morto del suo appartamento in via della Grotticella nel febbraio del 2012.

L’udienza era stata rinviato a domani nel giugno scorso, quando un errore di notifica aveva fatto saltare il processo. Sul banco degli imputati la 50enne romana Monica Mileti, considerata la pusher che gli aveva ceduto al medico la dose di eroina che, poi l’avrebbe ucciso. Il sit in lo hanno invece organizzato i sostenitori della famiglia Manca per portare la loro solidarietà e chiedere la riapertura del caso. Ma, adesso, c’è una grossa novità che rincuora la signora Angela Manca, madre di Attilio. Riguarda la notizia, riportata da ‘’I quaderni de l’Ora quotidiano’’ a firma di Luciano Mirone, l’apertura di un fascicolo da parte della Dda di Roma di atti “non costituenti reato”.

‘’C’è voluto un pentito del clan dei Casalesi – si legge nell’articolo di Mirone - per dire quello che i familiari di Attilio Manca sostengono da dieci anni: che l’urologo di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) in servizio all’ospedale Belcolle di Viterbo non si è suicidato con una overdose di eroina, ma è stato suicidato dalla mafia. C’è voluto l’ex killer Giuseppe Setola – un pentito autorevole e di spessore, come viene definito da Antonio Ingroia, legale della famiglia Manca – per movimentare il fascicolo dei magistrati di Viterbo e per portare la Direzione distrettuale antimafia di Roma – coordinata dal procuratore Giuseppe Pignatone – ad aprire un fascicolo di indagini preliminari modello 45, inserendo il caso nel registro degli atti non costituenti notizia di reato”, ovvero nel registro “nel quale raccogliere quegli atti che riposano ancora nel ‘limbo’ della non sicura definibilità, ma che postulano una fase di accertamenti preliminari’’.

Detenuto nel carcere di Napoli, nei mesi scorsi Setola ha voluto incontrare i Pm palermitani Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia – i magistrati che si occupano della Trattativa, particolare, forse, non secondario – per riferire di avere appreso da un compagno di cella che la morte di Attilio Manca – avvenuta a Viterbo l’11 febbraio 2004 – è da collegare all’operazione di cancro alla prostata alla quale, nell’autunno del 2003, fu sottoposto a Marsiglia il boss Bernardo Provenzano.

Le dichiarazioni di Setola, scrive ancora Mirone, sono state secretate e trasmesse alla Direzione distrettuale antimafia di Roma e alla Procura della Repubblica di Viterbo. ‘’Pignatone – si legge nell’articolo - ora si sta muovendo su due fronti: acquisire informazioni sull’attendibilità del pentito presso la Procura di Napoli, e acquisire gli atti dell’indagine dalla Procura di Viterbo, in modo da avere una visione completa del caso. Dall’ipotesi di decesso per overdose – su cui è stato imbastito il processo che inizia domani a Viterbo – si potrebbe passare all’ipotesi di omicidio di mafia. La competenza, a quel punto, spetterebbe alla Dda di Roma. ‘Ritengo di fondamentale importanza – afferma l’avvocato Ingroia – le dichiarazioni di Setola, visto lo spessore criminale dello stesso. Ho anticipato al procuratore di Roma l’intenzione di depositare una richiesta formale di apertura delle indagini per omicidio di mafia in danno di Attilio Manca, a nome e per conto della famiglia’.





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