ANNO 14 n° 115
Uccise il compagno di cella per un accendino, pool di psichiatri per Sing
La perizia collegiale per capire se il 35enne Khajan sia affetto da patologie psichiatriche
07/02/2020 - 06:59

VITERBO – (b.b.) Uccise il compagno di cella a colpi di sgabello dopo un banale diverbio per un accendino, per Sing Khajan ci sarà una perizia psichiatrica collegiale.

Servirà a capire se il 35enne, ora recluso a Rebibbia con l’accusa di omicidio, sia in grado di intendere e di volere e se sia affetto da qualche patologia psichiatrica che possa alterare i suoi comportamenti. Ma soprattutto servirà ad accertare se sia o meno un soggetto socialmente pericoloso.

Secondo quanto ricostruito dalle prime testimonianze raccolte, Sing lo scorso 29 marzo, preda di un’improvvisa crisi di violenza, si sarebbe scagliato contro il compagno di cella, il 62enne Giovanni Delfino, ferendolo mortalmente alla testa.

''Abbiamo sentito le urla, le richieste di aiuto da parte dello Zio, tre colpi sordi e poi il silenzio più assoluto – avevano raccontato in aula alla scorsa udienza alcuni detenuti, reclusi nello stesso settore del carcere viterbese – cosa fosse successo lo ha urlato lo stesso Sing. ''L’ho ammazzato, l’ho ammazzato'' ha ripetuto più volte''.

Ad incontrare ed esaminare il ragazzo all’interno della casa circondariale romana, dove è stato trasferito dopo l’omicidio, sarà il professore Giovan Battista Traverso, massimo esperto di psichiatria forense, che vista la ''delicatezza e complessità del caso'' si avvarrà dell’ausilio di un’altra specialista. Sua figlia Simona, psichiatra e professoressa all’Università di Siena.

La loro nomina è arrivata ieri mattina, nel corso di un’udienza lampo di Corte d’Assise: le operazioni peritali inizieranno il prossimo 19 febbraio e impegneranno i due professori per circa tre mesi. Si tornerà in aula a metà giugno.

Assenti ieri mattina tutti i famigliari del 62enne Giovanni Delfino, che si sono costituiti parti civili con l’avvocato Carmelo Antonio Pirrone.

''Sing in cella doveva stare da solo – ha sottolineato il legale – siamo in possesso di numerosi pareri medici che consigliavano per il giovane l’isolamento con una sorveglianza a vista, dati i suoi precedenti. Eppure nella stanza 11 con lui c’era anche un’altra persona''.

Il 34enne, infatti, non sarebbe stato nuovo ad episodi di violenza: a San Valentino del 2018 finì in carcere di Civitavecchia per aver tentato di uccidere il convivente e, lì, avrebbe aggredito il compagno di cella e un agente di polizia penitenziaria. 





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