ANNO 14 n° 116
Truffa e evasione fiscale, Marchetti: ''Non so nulla dei documenti falsificati''
Ma l'accusa tuona: ''Eppure così ha beneficiato del regime di Iva a margine''
20/03/2019 - 07:06

VITERBO - (b.b.) ''Sceglievamo dal web le macchine da acquistare, poi contattavamo i rivenditori tedeschi e una volta conclusa la trattativa, procedevamo all’acquisto e facevamo arrivare le auto in Italia''. E’ lo stesso Elio Marchetti, l’imprenditore viterbese finito nella bufera giudiziaria per una presunta evasione fiscale da oltre un milione di euro, a raccontare in tribunale cosa avvenisse all’interno della sua concessionaria e come quelle decine di auto di grossa cilindrata arrivassero dalla Germania sul territorio nazionale, usufruendo, secondo l’ipotesi della Procura, di un’Iva agevolata di cui non avrebbero avuto alcun diritto.

''A far arrivare le auto dell’estero mi aiutava il titolare di una società che vende e compra moto - prosegue Marchetti - l’autorizzazione per importare veicoli alla mia impresa era stata revocata, così lui lo faceva per me''.

Un ''aiuto'' tra colleghi che andrebbe a spiegare, secondo la tesi dell’imprenditore, quello che la Procura ha invece inquadrato come una vera e propria truffa: per l’accusa, Marchetti, la sua dipendente Carla Corrucci e Domenico Sordo, titolare di un’agenzia di pratiche auto di Foggia, avrebbero messo in piedi un’associazione a delinquere a carattere transnazionale. Attraverso l’interposizione di società fittizie tra il rivenditore tedesco e l’acquirente finale italiano, sarebbero riusciti ad importare auto dall’estero usufruendo illegittimamente dell’Iva a margine e, in questo modo, sarebbero riusciti a rivenderle a prezzi di gran lunga più competitivi rispetto agli altri concessionari sul territorio nazionale.

Finiti in manette il 3 maggio del 2017, a conclusione di un’operazione portata avanti dalla Procura, dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia Stradale, i tre – assieme ad altre tre persone, oggi fuori dal processo per aver ricorso a riti alternativi - avrebbero fatto arrivare in Italia, con questo sistema, oltre 90 auto di grossa cilindrata.

''Non eravamo noi a decidere che tipo di Iva versare - si difende l’imprenditore Marchetti - insieme all’auto, ci arrivava tutta la documentazione, compresa di fattura. Ed era nella fattura spedita dalla Germania che trovavamo l’importo da pagare: in alcuni casi era a margine, in altri no. Ma non eravamo noi a decidere''.

Documenti in mano, poi, Marchetti avrebbe spedito tutto ad un’agenzia di pratiche auto di Sordo, per l’iter di immatricolazione: ''Una scelta legata ad un risparmio di tempo: a Viterbo per immatricolare un’auto ci vogliono due mesi. A Foggia, con una settimana la pratica è chiusa''. Ma per accelerare i tempi Marchetti non avrebbe mai dato soldi o provvigioni al Sordo. ''Pagavamo l’immatricolazione, che varia in base alla cilindrata dell’auto, e basta'' spiega. E non saprebbe nulla neppure di quelle carte di circolazione che un collaboratore dell'agenzia avrebbe alterato e falsificato a suo beneficio. ''Non so perché abbia modificato quei documenti, dal momento che per immatricolare una vettura si ha bisogno solamente della fattura che arriva dalla Germania''.

Eppure per la Procura la risposta sembrerebbe chiara: ''La falsificazione di quei documenti ha permesso di far apparire quelle auto come comprate da privati e non da società - precisa il pm Stefano D’Arma - un dettaglio non di poco conto che permette di beneficiare di un’Iva molto più bassa''.

Intercettati e pedinati fino in Puglia, ieri hanno avuto la possibilità di difendersi in aula: la prossima udienza è fissata per i primi di aprile.





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