ANNO 14 n° 116
Tra sacro e profano,
23 dipinti in mostra
L'esposizione allestita in sei diverse sedi per far riscoprire la cittą ai visitatori
15/12/2014 - 22:16

VITERBO - Sacro & Profano - Capolavori a Viterbo tra il Quattrocento e il Settecento: questo il titolo della mostra che aprirà i battenti il 23 dicembre 2014, alle ore 17 (sino al 31 gennaio 2015), presentata ieri pomeriggio a Palazzo dei Priori dal sindaco Leonardo Michelini, dall'assessore alla cultura Antonio Delli Iaconi e dal curatore dell'evento Andrea Alessi. 

Ventitré dipinti conservati a Viterbo in un percorso che da Palazzo dei Priori arriva a San Martino al Cimino, toccando due chiese e tre musei. Un viaggio, alla riscoperta della città, ammirando capolavori distanti tra loro, ma uniti da quel sottile filo degli opposti che da sempre ha ispirato pittori e artisti.

La mostra, promossa dal Comune di Viterbo e patrocinata dalla Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici del Lazio, dalla Diocesi di Viterbo e dalla Fondazione Carivit, ha un comitato scientifico costituito dal curatore, dal soprintendente Anna Imponente, dall’ex soprintendente del Polo museale romano Claudio Strinati, e dai professori della Facoltà di Beni culturali di Reggio Calabria Enzo Bentivoglio e Simonetta Valtieri.

A Palazzo dei Priori, cappella Palatina, il sacro è rappresentato da l’Incredulità di San Tommaso di Salvator Rosa, trasferita temporaneamente dalla sede del Museo civico e da la Visitazione di Maria ad Elisabetta di Bartolomeo Cavarozzi. Il profano è invece rappresentato da Ercole e Onfale di Romanelli (sempre trasferita dal civico).

Nella chiesa di San Silvestro si possono scoprire le 14 virtù profane di Palazzo Spreca, mentre nel Museo del colle del Duomo si trova la Crocifissione di Cristo tra i dolenti, attribuita alla scuola michelangiolesca. E ancora: nella chiesa del Gonfalone merita attenzione lo Stendardo processionale, di Giovanni Francesco Romanelli, Battesimo di Cristo e Maria Santissima del Riscatto con San Bonaventura. C’è poi il Museo civico con la Flagellazione e la Pietà di Sebastiano del Piombo oltre alla morte di Santa Maria egiziaca di Marco Benefial e il Sacrificio di Polissena di Domenico Corvi. Infine, il Museo dell’Abate a San Martino dove è conservato lo splendido Stendardo di Mattia Preti con il Cristo Eucartistico e San Martino che dona il mantello al povero.

''Forse per la prima volta dopo molto tempo, una mostra come questa è stata pensata e allestita nella forma di un vera e propria esaltazione della città e dei valori storici e culturali che Viterbo esprime fin da tempi remotissimi'' sostiene Claudio Strinati, ex soprintendente Speciale del Polo Museale romano, autore dell'introduzione del catalogo della mostra.

''E la prima volta che a Viterbo – sostiene il curatore - si sceglie di lasciare le opere nelle loro collocazioni naturali, cercando piuttosto di valorizzarle e di renderle appetibili al grande pubblico anziché delocalizzarle nei contesti asettici degli spazi allestitivi. E’ un’operazione di rivalutazione del nostro territorio a chilometri zero. Un’operazione di riqualificazione del nostro patrimonio storico-artistico che si pone in netta controtendenza rispetto al circuito delle cosiddette grandi mostre che oggi si realizzano in Italia e all’estero e che ha pochi precedenti illustri come Perugino a Perugia o Bramantino a Milano''.

Tutti i capolavori sono stati interamente rianalizzati per l’occasione e per molti di loro è stata proposta una lettura iconologica totalmente inedita, o sono stati studiati ex novo. Una campagna fotografica ad hoc e un ricco apparato iconografico e didattico completano la mostra.






Facebook Twitter Rss