ANNO 14 n° 114
Proust in Cucina To beat or not to beat
>>>>> di Massimiliano Capo <<<<<
02/02/2015 - 00:00

di Massimiliano Capo

VITERBO - I conflitti della storia non producono soltanto vincitori e vinti. In ognuno di noi, anche se in misura diversa, descrivono una tradizione emersa, che nomina il mondo in modo per sé vantaggioso, costruendosi cultura, buon senso e conformità alle regole condivise. Ma lasciano anche un tradizione opposta, sommersa, in cui si raggrumano i se della storia, gli scarti, la vergogna, l’ombra di qualcosa di diverso e di altro, di cui abbiamo visto un possibile corso ma che poi è scomparso lasciandoci soli. I conflitti ci tagliano in due. Ci segnano di nostalgia, perché solo recuperando quel passato che non è più reale ci sembra di poter ritornare a essere completamente noi stessi. Ma siamo anche segnati dall’orrore della nostalgia, perché il rischio di ritrovare non noi stessi ma la nostra sconfitta spaventa chiunque…Ogni storia ha al suo interno la propria ombra, così noi di fronte al passato siamo frutto di una concretezza ma anche di un profumo, di un’atmosfera.”

Così Enrico Palandri apre il suo ricordo di Pier Vittorio Tondelli e ci parla di noi.

Palandri ha scritto anche un libro molto bello che si intitola Boccalone. Una storia d’amore ambientata a Bologna a metà degli anni settanta.

A un certo punto, siamo verso la metà della prima pagina, dice: “Adesso è gennaio, va molto peggio, e parlare di maggio, il bel maggio odoroso, mi fa piacere.Anna ha una salopette bianca e una giacca rossa, non sempre naturalmente, solo ogni tanto. Io mi sono innamorato dei suoi occhi molto presto, quasi subito: se mai vi capiterà di vedere una persona con le mani rosse di freddo, la voce sottile e scortese, e resterete incantati per un po’ a vedere come si muove, con chi parla, come si interessa alle cose e come di altre non si cura affatto, quella persona riuscirà ad entrarvi nella pelle in un momento, e sarà maledettamente difficile dimenticarla; anzi, potete star certi che non ci riuscirete, sono pronto a scommettere con chiunque!

Così il bel  maggio mi ha reso felice e perso per anna, che guardavo muoversi da lontano, spiavo nei suoi corteggiamenti, speravo di baciare.

Andò che una sera ci siamo incontrati, abbiamo parlato, ci siamo baciati, io le ho letto qualcosa da un libro, lei mi ha letto dentro il cuore.”

Insomma, tipo l’amore cosmico.

Mi arriva una mail che mi segnala un articolo.

La leggo e come sempre mi perdo negli infiniti link che ogni testo contiene, espliciti ed impliciti.

Parla di glitch.

Il glitch è tante cose e una sola: un errore imprevisto. Un errore e un imprevisto, meglio.

E’ glitch la puntina del giradischi quando finita la traccia registrata sbatte imperterrita sul bordo del vinile, è glitch il funzionamento anomalo di un software, è glitch è un genere musicale che fa dell’errore (indotto o casuale) uno stimolo creativo e un elemento della propria lingua.

Il glitch è anche un modo di fare arte, di sviluppare la propria creatività attorno all’errore (in questo caso forzato) lavorando sul disturbo della ricezione, sull’ostacolo alla decodifica, sul fuori luogo, sull’assemblaggio e riuso disturbato di fonti a loro volta magari già corrotte.

Insomma ha a che fare con l’identità mutante che tanto mi piace e con l’utilizzo contemporaneo di piani linguistici diversi.

E più di ogni altra cosa, ha a che fare con il tempo.

Il tempo che ritorna sempre uguale, che luppa all’infinito.

To beat or not to beat, parafrasando nemmeno troppo ironicamente il buon vecchio Shakespeare, è il titolo di un disco meraviglioso di COH pubblicato da editionsmego un paio di anni fa e riedito da qualche mese in vinile. E’ anche un po’ glitch.

“L’idea che non esista nulla al mondo di così unico da non poter entrare in un elenco ha in sé qualcosa di esaltante e, allo stesso tempo, di terrificante. Tutto può essere censito”.

Lo ha scritto George Perec. E Anna Steffi in un saggio a lui dedicato aggiunge:”elencare tutto quello che cade sotto gli occhi non consente di definire nulla; la moltiplicazione, l’accumulo, la dominazione che fa esistere le cose, portata all’eccesso, perde qualsiasi potere di rappresentare. L’iperrealismo rivela il volto nascosto, l’ombra, il doppio perturbante, la radicale estraneità del familiare, l’illusione di realtà.”

Non vi è giunto di riferimento, non esistono luoghi stabili. Aggiunge Perec: “il mondo non più come un percorso da rifare senza sosta o come una corsa senza fine…ma come ritrovamento di un senso, come percezione di una scrittura terrestre, di una geografia ci cui abbiamo dimenticato di essere gli autori.”

Ancora l’imprevedibile e ancora noi, soli soletti ma connessi, a disegnare ogni giorno una riga da aggiungere al disegno della nostra vita.

Così come le righe di frolla sulla crostata alla crema di castagne e cioccolato di mamma Silvana.

Ingredienti

1 uovo

200 gr. di farina

100 gr. di zucchero

100 gr. burro

un pizzico di sale

250 gr. cremaa di castagne

100 gr. cioccolato fondente

Preparazione

In un piatto capiente mettete la farina, il burro ammorbidito a bagno maria e lo zucchero. Dopo aver amalgamato i tre ingredienti, unite l’uovo e continuate a lavorare l’impasto fino ad ottenere un panetto che lascerete riposare per mezz’ora.

Quindi stendete tre quarti dell’impasto in una teglia lasciando il quarto restante per le righe di guarnizione.

Nel frattempo, sciogliete il cioccolato fondente a bagno maria e unitelo alla crema di castagne.

Spalmatelo sulla pasta, guarnite e cuocete a 180° per 35 minuti.

E ora leccatevi i baffi!

“I conflitti della storia non producono soltanto vincitori e vinti. In ognuno di noi, anche se in misura diversa, descrivono una tradizione emersa, che nomina il mondo in modo per sé vantaggioso, costruendosi cultura, buon senso e conformità alle regole condivise. Ma lasciano anche un tradizione opposta, sommersa, in cui si raggrumano i se della storia, gli scarti, la vergogna, l’ombra di qualcosa di diverso e di altro, di cui abbiamo visto un possibile corso ma che poi è scomparso lasciandoci soli. I conflitti ci tagliano in due. Ci segnano di nostalgia, perché solo recuperando quel passato che non è più reale ci sembra di poter ritornare a essere completamente noi stessi. Ma siamo anche segnati dall’orrore della nostalgia, perché il rischio di ritrovare non noi stessi ma la nostra sconfitta spaventa chiunque…Ogni storia ha al suo interno la propria ombra, così noi di fronte al passato siamo frutto di una concretezza ma anche di un profumo, di un’atmosfera.”
Così Enrico Palandri apre il suo ricordo di Pier Vittorio Tondelli e ci parla di noi.
Palandri ha scritto anche un libro molto bello che si intitola Boccalone. Una storia d’amore ambientata a Bologna a metà degli anni settanta.
A un certo punto, siamo verso la metà della prima pagina, dice: “Adesso è gennaio, va molto peggio, e parlare di maggio, il bel maggio odoroso, mi fa piacere.Anna ha una salopette bianca e una giacca rossa, non sempre naturalmente, solo ogni tanto. Io mi sono innamorato dei suoi occhi molto presto, quasi subito: se mai vi capiterà di vedere una persona con le mani rosse di freddo, la voce sottile e scortese, e resterete incantati per un po’ a vedere come si muove, con chi parla, come si interessa alle cose e come di altre non si cura affatto, quella persona riuscirà ad entrarvi nella pelle in un momento, e sarà maledettamente difficile dimenticarla; anzi, potete star certi che non ci riuscirete, sono pronto a scommettere con chiunque!
Così il bel  maggio mi ha reso felice e perso per anna, che guardavo muoversi da lontano, spiavo nei suoi corteggiamenti, speravo di baciare.
Andò che una sera ci siamo incontrati, abbiamo parlato, ci siamo baciati, io le ho letto qualcosa da un libro, lei mi ha letto dentro il cuore.”
Insomma, tipo l’amore cosmico.
Mi arriva una mail che mi segnala un articolo.
La leggo e come sempre mi perdo negli infiniti link che ogni testo contiene, espliciti ed impliciti.
Parla di glitch.
Il glitch è tante cose e una sola: un errore imprevisto. Un errore e un imprevisto, meglio.
E’ glitch la puntina del giradischi quando finita la traccia registrata sbatte imperterrita sul bordo del vinile, è glitch il funzionamento anomalo di un software, è glitch è un genere musicale che fa dell’errore (indotto o casuale) uno stimolo creativo e un elemento della propria lingua.
Il glitch è anche un modo di fare arte, di sviluppare la propria creatività attorno all’errore (in questo caso forzato) lavorando sul disturbo della ricezione, sull’ostacolo alla decodifica, sul fuori luogo, sull’assemblaggio e riuso disturbato di fonti a loro volta magari già corrotte.
Insomma ha a che fare con l’identità mutante che tanto mi piace e con l’utilizzo contemporaneo di piani linguistici diversi.
E più di ogni altra cosa, ha a che fare con il tempo.
Il tempo che ritorna sempre uguale, che luppa all’infinito.
To beat or not to beat, parafrasando nemmeno troppo ironicamente il buon vecchio Shakespeare, è il titolo di un disco meraviglioso di COH pubblicato da editionsmego un paio di anni fa e riedito da qualche mese in vinile. E’ anche un po’ glitch.
“L’idea che non esista nulla al mondo di così unico da non poter entrare in un elenco ha in sé qualcosa di esaltante e, allo stesso tempo, di terrificante. Tutto può essere censito”.
Lo ha scritto George Perec. E Anna Steffi in un saggio a lui dedicato aggiunge:”elencare tutto quello che cade sotto gli occhi non consente di definire nulla; la moltiplicazione, l’accumulo, la dominazione che fa esistere le cose, portata all’eccesso, perde qualsiasi potere di rappresentare. L’iperrealismo rivela il volto nascosto, l’ombra, il doppio perturbante, la radicale estraneità del familiare, l’illusione di realtà.”
Non vi è giunto di riferimento, non esistono luoghi stabili. Aggiunge Perec: “il mondo non più come un percorso da rifare senza sosta o come una corsa senza fine…ma come ritrovamento di un senso, come percezione di una scrittura terrestre, di una geografia ci cui abbiamo dimenticato di essere gli autori.”
Ancora l’imprevedibile e ancora noi, soli soletti ma connessi, a disegnare ogni giorno una riga da aggiungere al disegno della nostra vita.
Così come le righe di frolla sulla crostata alla crema di castagne e cioccolato di mamma Silvana.
 
Ingredienti
 
1 uovo
200 gr. di farina
100 gr. di zucchero
100 gr. burro
un pizzico di sale
250 gr. cremaa di castagne
100 gr. cioccolato fondente
 
Preparazione
 
In un piatto capiente mettete la farina, il burro ammorbidito a bagno maria e lo zucchero. Dopo aver amalgamato i tre ingredienti, unite l’uovo e continuate a lavorare l’impasto fino ad ottenere un panetto che lascerete riposare per mezz’ora.
Quindi stendete tre quarti dell’impasto in una teglia lasciando il quarto restante per le righe di guarnizione.
Nel frattempo, sciogliete il cioccolato fondente a bagno maria e unitelo alla crema di castagne.
Spalmatelo sulla pasta, guarnite e cuocete a 180° per 35 minuti.
 
E ora leccatevi i baffi!conflitti della storia non producono soltanto vincitori e vinti. In ognuno di noi, anche se in misura diversa, descrivono una tradizione emersa, che nomina il mondo in modo per sé vantaggioso, costruendosi cultura, buon senso e conformità alle regole condivise. Ma lasciano anche un tradizione opposta, sommersa, in cui si raggrumano i se della storia, gli scarti, la vergogna, l’ombra di qualcosa di diverso e di altro, di cui abbiamo visto un possibile corso ma che poi è scomparso lasciandoci soli. I conflitti ci tagliano in due. Ci segnano di nostalgia, perché solo recuperando quel passato che non è più reale ci sembra di poter ritornare a essere completamente noi stessi. Ma siamo anche segnati dall’orrore della nostalgia, perché il rischio di ritrovare non noi stessi ma la nostra sconfitta spaventa chiunque…Ogni storia ha al suo interno la propria ombra, così noi di fronte al passato siamo frutto di una concretezza ma anche di un profumo, di un’atmosfera.”Così Enrico Palandri apre il suo ricordo di Pier Vittorio Tondelli e ci parla di noi.Palandri ha scritto anche un libro molto bello che si intitola Boccalone. Una storia d’amore ambientata a Bologna a metà degli anni settanta.A un certo punto, siamo verso la metà della prima pagina, dice: “Adesso è gennaio, va molto peggio, e parlare di maggio, il bel maggio odoroso, mi fa piacere.Anna ha una salopette bianca e una giacca rossa, non sempre naturalmente, solo ogni tanto. Io mi sono innamorato dei suoi occhi molto presto, quasi subito: se mai vi capiterà di vedere una persona con le mani rosse di freddo, la voce sottile e scortese, e resterete incantati per un po’ a vedere come si muove, con chi parla, come si interessa alle cose e come di altre non si cura affatto, quella persona riuscirà ad entrarvi nella pelle in un momento, e sarà maledettamente difficile dimenticarla; anzi, potete star certi che non ci riuscirete, sono pronto a scommettere con chiunque!Così il bel  maggio mi ha reso felice e perso per anna, che guardavo muoversi da lontano, spiavo nei suoi corteggiamenti, speravo di baciare.Andò che una sera ci siamo incontrati, abbiamo parlato, ci siamo baciati, io le ho letto qualcosa da un libro, lei mi ha letto dentro il cuore.”Insomma, tipo l’amore cosmico.Mi arriva una mail che mi segnala un articolo.La leggo e come sempre mi perdo negli infiniti link che ogni testo contiene, espliciti ed impliciti.Parla di glitch.Il glitch è tante cose e una sola: un errore imprevisto. Un errore e un imprevisto, meglio.E’ glitch la puntina del giradischi quando finita la traccia registrata sbatte imperterrita sul bordo del vinile, è glitch il funzionamento anomalo di un software, è glitch è un genere musicale che fa dell’errore (indotto o casuale) uno stimolo creativo e un elemento della propria lingua.Il glitch è anche un modo di fare arte, di sviluppare la propria creatività attorno all’errore (in questo caso forzato) lavorando sul disturbo della ricezione, sull’ostacolo alla decodifica, sul fuori luogo, sull’assemblaggio e riuso disturbato di fonti a loro volta magari già corrotte.Insomma ha a che fare con l’identità mutante che tanto mi piace e con l’utilizzo contemporaneo di piani linguistici diversi.E più di ogni altra cosa, ha a che fare con il tempo.Il tempo che ritorna sempre uguale, che luppa all’infinito.To beat or not to beat, parafrasando nemmeno troppo ironicamente il buon vecchio Shakespeare, è il titolo di un disco meraviglioso di COH pubblicato da editionsmego un paio di anni fa e riedito da qualche mese in vinile. E’ anche un po’ glitch.“L’idea che non esista nulla al mondo di così unico da non poter entrare in un elenco ha in sé qualcosa di esaltante e, allo stesso tempo, di terrificante. Tutto può essere censito”.Lo ha scritto George Perec. E Anna Steffi in un saggio a lui dedicato aggiunge:”elencare tutto quello che cade sotto gli occhi non consente di definire nulla; la moltiplicazione, l’accumulo, la dominazione che fa esistere le cose, portata all’eccesso, perde qualsiasi potere di rappresentare. L’iperrealismo rivela il volto nascosto, l’ombra, il doppio perturbante, la radicale estraneità del familiare, l’illusione di realtà.”Non vi è giunto di riferimento, non esistono luoghi stabili. Aggiunge Perec: “il mondo non più come un percorso da rifare senza sosta o come una corsa senza fine…ma come ritrovamento di un senso, come percezione di una scrittura terrestre, di una geografia ci cui abbiamo dimenticato di essere gli autori.”Ancora l’imprevedibile e ancora noi, soli soletti ma connessi, a disegnare ogni giorno una riga da aggiungere al disegno della nostra vita.Così come le righe di frolla sulla crostata alla crema di castagne e cioccolato di mamma Silvana. Ingredienti 1 uovo200 gr. di farina100 gr. di zucchero100 gr. burroun pizzico di sale250 gr. cremaa di castagne100 gr. cioccolato fondente Preparazione In un piatto capiente mettete la farina, il burro ammorbidito a bagno maria e lo zucchero. Dopo aver amalgamato i tre ingredienti, unite l’uovo e continuate a lavorare l’impasto fino ad ottenere un panetto che lascerete riposare per mezz’ora.Quindi stendete tre quarti dell’impasto in una teglia lasciando il quarto restante per le righe di guarnizione.Nel frattempo, sciogliete il cioccolato fondente a bagno maria e unitelo alla crema di castagne.Spalmatelo sulla pasta, guarnite e cuocete a 180° per 35 minuti. E ora leccatevi i baffi!




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