ANNO 14 n° 89
Tfr e fondi, cosa c'č oltre il tacito consenso
28/05/2018 - 11:11

Da poco più di un mese, il complesso tema del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) e del suo utilizzo ai fini pensionistici si è arricchito di un nuovo punto all’ordine del giorno.

Secondo il decreto legge del 22 marzo scorso, pubblicato poi il 19 aprile dalla Gazzetta Ufficiale, tutti i lavoratori, dipendenti o autonomi che sia, possono decidere di destinare solo una parte del proprio TFR al fondo pensione esplicitando questa volontà su un apposito modello predisposto dal Ministero. Tale pratica aggiorna il modulo TFR2, consentendo ai lavoratori un’altra opzione rispetto a quelle già precedentemente previste dalla legge. Entro sei mesi dalla sua assunzione, infatti, il dipendente deve decidere se lasciare il suo trattamento di fine rapporto in azienda, versarlo al fondo pensione o decidere per una via di mezzo.

Nel primo caso, è il datore di lavoro che al termine del rapporto dovrà saldare la liquidazione, nel secondo caso, l’ammontare viene destinato a forme di pensione complementare, mentre da un mese è possibile destinare una percentuale minima del TFR alla previdenza complementare, lasciando il resto in azienda, purché questa opzione sia prevista da accordi collettivi tra i sindacati e il datore di lavoro. In caso di mancanza di accordi sulla percentuale minima, l’opzione decade e il lavoratore può decidere di destinare solo l’intero TFR alla previdenza complementare. È importante però sottolineare che se questa opzione non viene esercitata entro sei mesi dall’assunzione, l’azienda può esercitare il meccanismo del tacito assenso e far confluire il Trattamento di fine rapporto automaticamente nel Fondo Pensione.

I fondi descritti appartengono alla categoria dei prodotti pensionistici chiusi, riservati cioè ad un numero esiguo di lavoratori a seconda della qualifica di competenza o della provincia di residenza. Tali fondi, conosciuti anche come negoziali, derivano da contratti collettivi che ne disciplinano il regolamento, restringendo la fruibilità sono ai lavoratori con determinati prerequisiti lavorativi o geografici. Questo è il principale vantaggio di questo prodotto finanziario, che però, di contro, non consente la variazione della quota contributiva da versare mensilmente, non prevede il riscatto del capitale ad eccezione di rari casi legati a progettualità importanti o allo stato di salute e la loro gestione prevede costi molto onerosi. Al contrario, coloro che decidono di lasciare il TFR in azienda possono ugualmente pensare a forme alternative di previdenza per ritrovarsi a fare i conti con un assegno pensionistico più congruo una volta raggiunti i requisiti anagrafici.

I fondi pensione aperti sono appunto destinati a questa categoria di lavoratori, ma anche a dipendenti di un’azienda che decidono di accedervi collettivamente. Essendo emessi e gestiti da istituti bancari, assicurazioni o società di investimento, anche in questo caso i costi di gestione sono molto elevati e non prevedono – salvo casi di comprovata importanza – la possibilità di prelievo anticipato della somma, ma al contrario della prima opzione la quota da destinare al Fondo è più flessibile e consente di variare l’importo mensile. Pur non essendoci garanzia di profitto, l’investitore può estendere sul lungo termine la durata, in modo tale da evitare le oscillazioni nel breve termine legate all’andamento delle borse internazionali.

L’ultima alternativa sono i cosiddetti PAC, ossia Piani di Accumulo che è possibile destinare anche alla pensione, garantendo maggiori possibilità di rendimento. Si tratta di forme di risparmio gestito caratterizzate dalla massima flessibilità, che consentono all’investitore di destinare una parte del reddito a fondi o portafogli ETF, con costi di gestione decisamente più contenuti e la possibilità di disinvestire in qualsiasi momento. Quest’ultima opzione consente al lavoratore di guardare con maggiore fiducia al proprio futuro da pensionato e di evitare le incertezze e i costi delle altre forme previdenziali, affiancando così uno strumento affidabile e sicuro all’incerta prospettiva legata alla pensione sociale.




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