ANNO 14 n° 116
“Sentenza e motivazioni illogiche”, Pg e difesa ricorrono in Cassazione
01/11/2012 - 04:00

di Alessia Serangeli

VITERBO – C’è un punto che ha messo tutti d’accordo; per ragioni diametralmente opposte, questo è ovvio. Si tratta della “manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione” del verdetto emesso il 21 giugno scorso dalla Corte d’assise d’Appello di Roma a carico degli “amanti (e cognati) diabolici” di Gradoli, Ala Ceoban e Paolo Esposito; entrambi condannati in primo grado al carcere a vita per il duplice omicidio di Tatiana Ceoban (sorella della prima e compagna del secondo) e della figlia tredicenne Elena, avvenuto il 30 maggio 2009.

La sentenza della Corte capitolina, come si ricorderà, aveva per buona parte ribaltato quella emessa il 13 maggio 2011 dai giudici viterbesi: mentre per l’elettricista di Gradoli era stato confermato l’ergastolo, perché riconosciuto quale unico esecutore materiale dell’uccisione della convivente e della figliastra, il ruolo della giovane moldava era stato completamente stravolto. Lei, da sempre considerata la “mente” del duplice omicidio, per i giudici romani aveva fornito all’amante “soltanto” un aiuto nella realizzazione di quel piano diabolico ordito per eliminare la sorella maggiore e la nipote e, per questo, le erano stati comminati otto anni. 

Il pronunciamento del dispositivo aveva lasciato non pochi strascichi perché, in effetti, oltre a non aver contribuito a risolvere i tanti punti di domanda che da quel sabato 30 maggio si rincorrono uno dietro l’altro sulle cronache locali, aveva ingarbugliato ancor più la già intricata faccenda. 

L’avvocato Enrico Valentini, difensore di Esposito, il ricorso in Cassazione lo aveva annunciato non appena messo piede fuori dal Palazzo di giustizia romano, definendo la sentenza “traballante”. “Non mi arrendo, andrò fino in fondo e ricorrerò al terzo grado di giudizio. Le sentenze si impugnano, non si commentano”. Ed è stato di parola: ieri l’altro il legale ha depositato l’istanza chiedendo l’annullamento della sentenza di secondo grado.

In un fascicolo di quasi cinquanta pagina, Valentini entra in maniera certosina nel dettaglio dell’intera vicenda, ricostruendola in maniera puntuale e mettendo in evidenza tutte “le contraddizioni della sentenza”. Nel ricorso l’avvocato ha inserito anche il non accoglimento delle richieste istruttorie da parte della Corte del giudice Mario D’Andria.

“Dagli accertamenti peritali svolti sulle tracce ematiche e sui tabulati telefonici si evincono contraddizioni fin troppo evidenti. Senza contare che da oltre tre anni stiamo parlando di due omicidi quando, in realtà, non sono mai stati trovati né i cadaveri né l’arma del delitto”. Per Valentini, dunque, lo svolgimento di nuove perizie tecnico-scientifiche avrebbe permesso di aver un quadro se non altro più coerente e logico di quanto realmente avvenuto tra i quattro attori principali del giallo di Gradoli. 

Come accennato all’inizio, il verdetto non è piaciuto nemmeno alla Procura generale: lunedì scorso, infatti, anche il pg Alberto Cozzella ha presentato ricorso in Cassazione per annullare la sentenza della Corte d’Appello di Roma per “inosservanza ed erronea applicazione della legge penale” e per “manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione”. Cozzella, in particolare, chiede che sia ripristinata l’aggravante della premeditazione per Esposito, e la pena dell’ergastolo per Ala.





Facebook Twitter Rss