ANNO 14 n° 88
Schiave del sesso in bordelli cinesi
Sette arresti e giro d'affari milionario
07/12/2016 - 06:03

di Antimo Verde

ORTE – Un viaggio in Italia con la promessa di un lavoro sicuro, per scappare da una vita di povertà nel loro paese d’origine, rivelatosi poi un incubo, fatto di schiavitù, violenza e mercificazione del proprio corpo. E uno dei teatri in cui si è svolto questo dramma della miseria umana è un piccolo appartamento di Orte, trasformato in un postribolo cinese . E’ stata eseguita nei giorni scorsi dai carabinieri di Mestre, insieme ai colleghi di Milano, Rho, Treviglio (Bergamo), Chiari e Desenzano del Garda, l’operazione ''Freccia Gialla'' contro lo sfruttamento della prostituzione.

A finire con le manette ai polsi, su ordinanza del Gip del tribunale di Venezia, due italiani tra i 42 e i 45 anni e cinque cinesi. Obbligo di firma invece per un altro componente del sodalizio criminale.

Le indagini, scattate nel luglio del 2015, hanno permesso di identificare oltre 40 persone, tra prostitute cinesi e proprietari di appartamenti, che davano in affitto ai magnaccia gli immobili dove avvenivano gli incontri di natura sessuale.

Nell’elenco delle venti case di appuntamento scoperte dagli uomini dell’Arma, dislocate in mezza Italia tra Chiaravalle (Ancona), Montemarciano, Marcon (Venezia), Calcio (Bergamo), Piacenza, Caronno Pertusella (Varese), Milano, Cesano Maderno (Monza e Brianza), Sanremo (Imperia), Fano (Pesaro e Urbino), Zogno (Bergamo), Mandolossa, Biella e Gallarate(Varese) ce n’è una proprio a Orte.

Ai vertici dell’organizzazione, secondo la ricostruzione dei carabinieri, due donne cinesi insieme ai conviventi italiani. Le ragazze sfruttate, in Italia senza permesso, venivano fatte venire dalla Cina dai loro connazionali con la garanzia di un impiego, per poi essere soggiogate e intrappolate negli appartamenti, in condizioni disumane, avviandole come schiave alla prostituzione. Il giro d’affari, da quanto emerso, è stimato in 5.000 euro al giorno per ogni casa, con una media di 150.000 euro al mese. I soldi venivano raccolti dalle magnacce, residenti tra il Veneto e la Lombardia, che per sosparsi di città in città usavano i treni ad alta velocità (da qui il nome dell’operazione). I proventi illeciti venivano in seguito riciclati attraverso l’apertura di varie attività nella Penisola.






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