ANNO 14 n° 88
Riduzione in schiavitł,
assolti i due imputati
Luca Tombini condannato in appello a un anno e dieci mesi per sfruttamento dell'immigrazione clandestina
03/07/2015 - 12:50

ROMA - Riduzione in schiavitù: assolti l'imprenditore agricolo Luca Tombini e il suo braccio destro Singh Balwinder perché il fatto non sussiste. Il primo è stato condannato a un anno e dieci mesi di reclusione e a diecimila euro di multa solo per il reato di sfruttamento dell'immigrazione clandestina. Questa la sentenza emessa in mattinata dalla Corte d'Assise d'Appello di Roma.

Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro quaranta giorni. E' probabile che l'assoluzione di Tombini dall'accusa di riduzione in schiavitù, reato per cui era stato condannato a sette anni di reclusione dalla Corte d'Assise di Viterbo, sia dovuta al fatto che la cosiddetta legge sul caporalato sia stata approvata nel 2011, quindi successivamente ai fatti contestati a Tombini e Balwinder.

La conferma della condanna degli imputati era stata chiesta anche dall'avvocato Samuele De Santis, legale di Singh Gurmer, l'unico dei cinque indiani che, secondo l'accusa sarebbero stati schiavizzati da Tombini, a essersi costituito parte civile.

Il difensore di Tombini, l’avvocato Giosuè Naso, ha invece chiesto l’assoluzione del suo assistito, sostenendo che le accuse sono infondate. “Magari – ha detto nel suo intervento – i due Marò italiani accusati di omicidio in India ricevessero lo stesso trattamento, dal punto di vista giudiziario, che hanno avuto in Italia i cinque indiani che lavoravano per Tombini”.

E probabile che il procuratore generale impugni la sentenza davanti alla Suprema Corte di Cassazione.

La vicenda ebbe inizio il 23 luglio 2011, quando a Tarquinia scattò l’operazione ''Kunta Singh'', durante la quale, gli uomini del commissariato di Ps arrestarono Tombini all’epoca dei fatti 45enne, e Balwinder. Nello stesso blitz furono liberati cinque cittadini indiani tra i ventinove e i quarantadue anni, che lavoravano nell’azienda agricola di proprietà dello stesso Tombini. Secondo quanto emerso dalle indagini, i cinque indiani sarebbero stati costretti a lavorare fino a quattordici ore al giorno, percepivano una paga di 100 euro al mese (anche se sulle loro buste paga ne risultavano 600) e vivevano in locali fatiscenti, privi di riscaldamento, servizi igienici e invasi da topi.

Agghiaccianti le loro deposizioni in sede d’incidente probatorio: riferirono di essere stati per circa sei anni sottoposti a ogni sorta di vessazione e di minacce, ''schiavizzati'' anche dal punto di vista psicologico, tanto che nessuno, nonostante le condizioni inumane in cui vivevano, ha avuto la forza di tentare la fuga o di denunciare il loro datore di lavoro-padrone e il suo complice. Hanno poi svelato di aver pagato fino a 15mila euro per giungere in Italia. Tra loro c’era anche un laureato in ingegneria meccanica.

Tombini e Balwinder, considerato colui che ha fatto da ''ponte'' tra l’imprenditore e i suoi cinque connazionali ridotti in schiavitù, sono stati in carcerazione preventiva circa un anno. Un terzo indagato, R.A., di Tarquinia, ha invece patteggiato la pena in sede di udienza preliminare ed è uscito di scena. 






Facebook Twitter Rss