ANNO 14 n° 109
Renzi, per Colle maggioranza ampia, nessuno ha potere di veto
22/12/2014 - 09:31

'Non c'è nessun patto preventivo sul Quirinale tra Pd e Fi, il Patto del Nazareno è stato siglato un anno fa quando le dimissioni di Napolitano non erano in agenda. Non è il patto del mago Otelma'. Matteo Renzi gela le attese di Silvio Berlusconi, che insiste nel chiedere un nome condiviso e di 'garanzia' per il Colle, considerando questo passaggio parte integrante del Patto del Nazareno. Niente affatto, ribatte il premier, anche se questo non cambia l'auspicio che 'nella maggioranza ampia che dovrà eleggere il nuovo garante dell'unità nazionale ci siano più partiti possibili', quindi anche Fi. Poi in serata, ospite da Fabio Fazio, il premier chiarisce l'identikit del candidato e spiega che nessuno è in condizioni di porre veti: 'Non so quello che avverrà, ma deve essere un processo sereno, tranquillo, semplice, chiaro. Il Presidente della Repubblica è un garante, deve essere una persona di grande saggezza e equilibrio, eletto da una alleanza ampia, dovrebbe votarlo dai grillini a Fi a Sel, ma nessuno, nemmeno il Pd, ha diritto di veto'. Del resto per Renzi 'Berlusconi è stato decisivo nel votare convintamente nel 1999 Ciampi e nel 2013 Napolitano' e non c'e' 'nessun motivo per cui dovrebbe star fuori stavolta'. Il premier insomma conferma di voler tenere in partita anche il Cavaliere, magari proponendo un nome di garanzia che non risulti indigesto alle truppe azzurre, divise al loro interno. Alla corsa per il Quirinale, infatti, i principali partiti (Pd e Fi, ma anche Ncd) si presentano senza che i loro rispettivi leader (Renzi, Berlusconi ed Alfano) abbiano in tasca il pieno controllo dei propri grandi elettori. Un dato che influenzerà i giochi.

 

Intanto, con buona pace della intenzione da tutti proclamata di mettersi ai blocchi di partenza per la corsa al Quirinale senza fare nomi, il totopresidente impazza anche in questa domenica prenatalizia. Su quello di Romano Prodi, per esempio, buttato in pista da Nichi Vendola per verificare le intenzioni del premier, Matteo Renzi per ora si divincola così: 'Oggi chi fa nomi li vuole solo bruciare'. E rende la pariglia al leader Sel, andando a ripescare nel passato: 'Quando penso a ciò che sarebbe potuto accadere se solo nel '98 Vendola ed i suoi, con una parte dei nostri, non avessero mandato a casa Prodi...'. 'E' evidente l'imbarazzo di Renzi davanti alla proposta di Vendola', provoca però il capogruppo Sel alla Camera Arturo Scotto. Ma con l'amarcord di Roberto Speranza, capogruppo Pd alla Camera, si rilancia il nome del Professore: 'Io lo avevo votato nel 2013, penso che sia una persona di grandissima qualità e non avrei alcun problema a rivotarlo...'. Prodi è un nome che torna, dopo essere stato affossato dai 101 franchi tiratori del Pd nel 2013, e che potrebbe raccogliere anche il placet dei grillini, che lo indicarono nelle loro 'Quirinarie' online. La fedelissima Sandra Zampa ripete ancora una volta che il Professore non è interessato. Ma di certo non lo voterebbero i leghisti, che oggi con Roberto Calderoli avvertono 'cerchiamo di non tirar fuori la solita vecchia scarpa della politica' e mettono in pista i nomi di Caprotti e di Vittorio Feltri, escludendo 'un presidente della sinistra'. Veti sul Pd vengono però esclusi da Pierluigi Bersani: 'Noi faremo da pivot, poi ne parliamo con Grillo, Berlusconi e gli altri. Ma non è immaginabile una figura ostile ai valori della sinistra'. 'Niente stravaganze - suggerisce Bersani -, niente soluzioni che abbiano il carattere della partigianeria. Va bene un cattolico o un laico, non guasterebbe che sapesse di economia, ma serve qualcuno che sappia tenere il volante perche' siamo ancora nelle curve. Una figura della massima autorevolezza, per bene, autonoma e fedele solo alla Costituzione'. Dall'ex segretario del Pd arriva poi un monito al premier, che per alcuni non vorrebbe una figura forte al Quirinale: 'Renzi e' una persona intelligente e non puo' non sapere che a guidare un Paese complesso uno solo non ce la fa. Se si comincia ad essere in due forse e' meglio...'. Infine, sibillino accenno alla corsa al Quirinale del 2013: 'Si disse che cavallo azzoppato andava eliminato. E quel cavallo ero io. Meglio essere un cavallo che un asino', chiosa Bersani.

Con l'imminente chiusura della legge di Stabilità entra nel vivo la battaglia di Matteo Renzi per arrivare all'approvazione dell'Italicum prima che partano le votazioni per il nuovo presidente della Repubblica. E il premier è fermamente convinto di riuscire a fare presto: approveremo sia la riforma costituzionale che l'Italicum entro il 31 gennaio, ha infatti confermato in serata ospite di Fazio su Rai3. Si tratterà comunque di una corsa ad ostacoli che dovrà scavalcare mille ostacoli e diffidenze bipartisan. Il provvedimento - che è stato 'incardinato' in aula al Senato subito dopo la fine delle feste, cioè il sette gennaio - potrebbe però trovare meno ostacoli della vigilia, almeno all'interno del Pd. Oggi l'ex segretario Pier Luigi Bersani ha usato il bastone e la carota sottolineando da un lato come le modifiche apportate fin qui siano state significative, ma dall'altro ha minacciosamente ribadito che le riforme le fa il Parlamento e non il Governo. La legge 'è stata modificata rispetto al testo iniziale e ci stiamo avvicinando a una soluzione accettabile. Ma i nominati sono ancora troppi, la preferenza per i partiti sotto il 20% e' una presa in giro', ha spiegato Bersani. Obiettivo dichiarato di Matteo Renzi è l'approvazione del provvedimento prima che parta la roulette russa delle votazioni per il nuovo presidente della Repubblica. Non sarà facile ma il premier da tempo ha controllato il calendario e ha spinto con decisione affinche' lo scoglio della legge di Stabilità non sia usato come un'arma per frenare in realtà proprio il viaggio dell'Italicum. Le dimissioni di Giorgio Napolitano previste per metà gennaio non impediscono infatti alle Camere di lavorare, si nota da giorni sia a palazzo Chigi che al Quirinale. La supplenza di Grasso non inficia i lavori d'aula ed è quindi possibile prevedere - nonostante Napolitano possa inviare la sua lettera di dimissioni nel bel mezzo della discussione - che il Senato possa esprimersi entro la fine di gennaio. Chiudendo così la saracinesca a quanti tentano e tenteranno di accoppiare i due dossier (Italicum e Quirinale) per alzare la posta in gioco. Tra i renziani si serrano le fila e si invita a non sprecare l'occasione di cambiare il Paese, come conferma il capogruppo Pd alla Camera Roberto Speranza: 'Un partito con i numeri del Pd non deve lavorare per andare a votare ma per completare le riforme. Sarebbe un fallimento per il Pd immaginare di riandare a votare con il Senato elettivo di oggi. Useremo la forza parlamentare che abbiamo ed il consenso degli elettori italiani per fare le riforme', ha assicurato. Ma i problemi aperti sono tanti e restano sul tappeto. L'attivissimo Roberto Calderoli, ad esempio, anche oggi non ha mancato di ricordare come la clausola di salvaguardia sull'entrata in vigore della legge elettorale 'non è un dettaglio marginale in quanto è legata all'approvazione della riforma costituzionale, visto che l'Italicum è fatto per la sola Camera'.

ansa.it






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