ANNO 14 n° 116
Referendum, gli
ultimi appelli
Esponenti della politica locale cercano di convincere gli indecisi
03/12/2016 - 02:01

VITERBO - La campagna elettorale è finita. Almeno quella, visto che è durata tanto, troppo tempo ed è stata caratterizzata da un eccesso di personalismi che non hanno bene al referendum, cioè alla materia per la quale domani siamo chiamati ad esprimere il nostro voto. Alla vigilia della domenica di voto, Viterbopost e Viterbonews24 hanno deciso di rivolgere ad alcuni esponenti del mondo politico viterbese tre semplici domande. Di ognuno di loro si conoscono benissimo la collocazione e gli orientamenti politici e quindi non ci sarebbe nemmeno bisogno di chiedere come la pensano, ma è utile comprendere come si preparano al voto e quali argomenti usano per convincere gli indecisi e gli scarsamente informati (che, purtroppo, sono ancora tanti). Le tre domande sono, nell'ordine:

1) Perché votare SI' o NO?

2) Ma si può cambiare davvero l’Italia?

3) Che succede lunedì?

Ecco le risposte.

Alessandro Mazzoli (deputato del Partito democratico)

1) Voterò SI' perché penso che l’Italia abbia bisogno di istituzioni più efficienti in grado di corrispondere di più e meglio alle domande dei cittadini e della società. Il mandato di un sindaco dura 5 anni. Il mandato di un presidente di regione dura 5 anni. Il mandato del governo del Paese no. In quasi 70 anni di democrazia la durata media dei governi è stata di 14 mesi. Questo non può essere considerato normale. L’Italia ha bisogno di stabilità.

2) L’Italia può cambiare. Lo deve in particolare alle generazioni più giovani che stanno pagando il prezzo più alto di questi anni di crisi insieme all’incapacità delle classi dirigenti di realizzare riforme strutturali negli ultimi 20 anni. Se domani vincerà il SI' il cambiamento sarà un fatto concreto.

3) Se vincerà il SI' avremo un Paese più solido e credibile a livello europeo ed internazionale e saremo più forti nel portare avanti le nostre priorità: fermare l’austerity e far ripartire la crescita e l’occupazione in tutta l’area dell’euro. Se prevarrà il NO sarà più probabile una fase di incertezza e di instabilità che non farà bene all’Italia.

Giulio Marini (Forza Italia, ex parlamentare ed ex sindaco di Viterbo)

1) Voto NO, perché con la riforma si desertifica il territorio che non ha più la possibilità di avere riferimenti istituzionali.

2) Sì, si può cambiando la costituzione con la diminuzione dei parlamentari e dando potere di scelta agli elettori. Tutti quanti abbiamo un solo obiettivo che è il bene dell'Italia ed il suo territorio.

3) Lunedì vincendo il No, si apre una nuova fase costituente, dove come nel dopoguerra (perché è una fase come allora, oggi è in atto una guerra finanziaria) si dovranno compenetrare le aspettative dei costituenti con l'unico fine del benessere della popolazione e non dei grandi gruppi finanziari. Snellire per rilanciare il Paese nel rispetto della sua gente: la soluzione è più semplice di quanto si pensi.

Mauro Mazzola (Pd, presidente della Provincia di Viterbo e sindaco di Tarquinia)

1) Voterò SI' perché non ho alcuna paura delle riforme. Porteranno un miglioramento e lo dico come presidente della Provincia di Viterbo, che sta gestendo la riforma dell’ente in modo gratuito. Inoltre se Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Beppe Grillo votano no, non mi schiero con personaggi che sono stati e sono la rovina istituzionale dell’Italia e dei suoi cittadini.

2) Sì e per farlo occorrono le riforme, sempre annunciate e mai realizzate. Ora che esiste questa opportunità va colta al volo

3) Lunedì si festeggia la vittoria del sì e si avviano finalmente, dopo decenni di immobilismo e palude politica, le procedure per le riforme.

Daniele Sabatini (consigliere regionale di Cuoritaliani)

1) Voterò NO perché il combinato disposto tra riforma costituzionale e legge elettorale porterebbe a un assetto istituzionale in cui una coalizione o, peggio ancora, un partito o un singolo movimento che al primo turno prende meno del 30%, ad avere maggioranza assoluta dell'unica camera rimasta, a nominare pressoché in solitaria il presidente della Repubblica e anche i 2/3 della Corte costituzionale senza considerare gli effetti sul CSM. Quindi, se disgraziatamente vincesse il SI', avremmo il potere legislativo (maggioranza artefatta di almeno il 55% data dall'Italicum), il potere esecutivo (Governo tenuto in vita da medesima maggioranza monocromatica) e potere giudiziario (attraverso nomine Corte costituzionale, CSM e elezione Capo dello Stato) nelle mani dei capi del singolo movimento usciti vincente dalle elezioni ma che non rappresenta più del 27-28% dei votanti. Un accentramento di potere preoccupante e che mai è stato vissuto della vita democratica di questo Paese.

2) Si deve cambiare. Peccato che questa riforma non risolve uno dei problemi dell'Italia. Non riduce la burocrazia, male più profondo di questo nostro Paese, non semplifica i rapporti tra Camera, Senato e Regioni (anzi, li complica e non di poco), riduce in maniera ridicola i costi chiedendo un compromesso inaccettabile ai cittadini che debbono rinunciare definitivamente all'esercizio del voto che per noi rappresenta l'espressione universale di sovranità popolare. Sempre il combinato disposto tra riforma e norma elettorale trasforma il Paese da democrazia a oligarchia dove alcuni pochi poteri decidono e cittadini subiscono. Questo non è il cambiamento in cui noi crediamo.

3) È chiaro che se dovesse prevalere il NO, ci attendiamo che il presidente del Consiglio salga al Colle e prenda atto dell'esito di una forzatura istituzionale targata Renzi-Boschi-Verdini. È bene ricordare che non solo questo Governo non è minimamente passato da un vaglio elettorale, ma anche che la riforma è stata votata a colpi di una maggioranza, decretata essa stessa illegittima da parte della Corte costituzionale. E, come dice la nostra saggezza popolare, le cose che cominciano male... finiscono peggio.

Enrico Panunzi (consigliere regionale del Pd)

1) Sono tanti i motivi per votare SI', dall'abolizione del bicameralismo perfetto, alla riduzione dei costi della politica fino all'abolizione di un organo inutile come il Cnel, di cui nessuno sente la mancanza. Da consigliere regionale, però, non posso non ricordare le ridefinizione delle competenze tra Stato e Regioni. Si cerca di porre rimedio ai danni provocati dalla modifica del Titolo V, introdotta nel 2001. Sparisce la legislazione concorrente, che in questi anni ha fatto aumentare i conflitti di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale. Si riequilibrano i poteri delle Regioni, cresciuti in maniera ipertrofica in questi anni, di pari passo con i costi, visto che questo finto federalismo è stato l'idrovora dei conti pubblici. Per i cittadini vuol dire più efficienza nei servizi, più rapidità nelle decisioni, maggiore uniformità sul territorio nazionale in merito ad alcuni servizi. Non si tratta di concetti astratti, ma di situazioni che hanno a che fare con la vita delle persone: non ci saranno più 20 modi di fare promozione turistica, 20 modi di fare programmazione energetica, 20 modi di fare politiche infrastrutturali. Che ha significato finora tutto ciò? Semplice, moltiplicazione dei costi, che con la riforma saranno ridotti.

2) Si, l'Italia ha davvero la possibilità di voltare pagina, di avere istituzioni più snelle e Governi più stabili, un Parlamento che finalmente tornerà a fare leggi e non discutere soprattutto, come fa ora, i decreti del Governo. A tal proposito vorrei ricordare che non c'è nessun articolo che amplia i poteri del Governo, non c'è nessun articolo che configura un attacco alla democrazia. È invece una riforma nel solco di quanto ha sempre sostenuto il centrosinistra, attesa da oltre 30 anni. Siamo davanti ad un'occasione storica, che non so se e quando ricapiterà. Ed è sempre da ricordare che non viene assolutamente toccata la Prima Parte della Costituzione, quella relativa ai principi fondamentali.

3) Se vince il SI', oltre a quanto detto sopra, si dimostrerà anche che l'Italia è capace di riformare se stessa e che non è condannata ad un continuo immobilismo. Se vince il NO non ci sarà certo l'apocalisse, Renzi si dimetterà ed è forte il rischio di avere un governo debole, sottoposto ai giochi di Palazzo e con seri rischi per la stabilità. Vedo una grande confusione nel fronte del NO, diviso su tutto tranne che nel mandare a casa Renzi.






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