ANNO 14 n° 111
Quello che non si impara a scuola lo insegnano i Giorni Anomali
Il 4 dicembre esce il terzo album
17/11/2015 - 02:01

di Eleonora Celestini

VITERBO – ''La strada è la vita'' diceva Jack Kerouac nel suo libro ''On the road'', manifesto intramontabile e riferimento assoluto della Beat Generation. In realtà forse non sarà proprio a Kerouac che si sono ispirati, ma nel nuovo disco dei viterbesi Giorni Anomali (al secolo Federico Meli voce, Stefano Capocecera basso, Alessio Forlani chitarra, Riccardo Aquilanti chitarra e Federico Maragoni batteria) di storie ed esperienze che vengono dalla strada ce ne sono tante. E vale la pena, sempre, di raccontarle.

Ecco allora che ''Quello che non si impara a scuola'', questo il titolo del nuovo lavoro, il terzo nella produzione discografica della seguitissima band viterbese, si trasforma in un manifesto poetico dove la strada diventa filosofia di vita ma anche lo strumento per superare il disagio tipico della società dei giorni nostri. L'album, che uscirà il prossimo 4 dicembre e verrà presentato lo stesso giorno alle 19 all'Underground a Viterbo, conterrà dieci tracce ed è stato anticipato nei mesi scorsi dall'uscita dei singoli ''Io non la voglio una vita normale'' e ''Al popolo dei Giorni Anomali''. Al suo interno si troverà anche la bonus track del noto brano ''14 anni'' in versione acustica.

Di ''Quello che non si impara a scuola'' ha parlato in esclusiva nella redazione ViterboNews24 il front-man della band, Federico Meli, che è anche la voce e l'autore dei testi del gruppo.

Finalmente ci siamo, il 4 dicembre esce il nuovo disco. Che cos'è 'quello che non si impara a scuola'?

È quella parte di vita vissuta che ognuno di noi ha, l'esperienza della strada che ci rende ciò che siamo. È la realtà che esiste oltre le verità assolute e le lezioni preconfezionate. La realtà 'altra', che a scuola non insegnano.

Il concept album sembra seguire il filo del disagio. Giovanile. Sociale. Morale.

Il disagio la fa da padrone nella nostra società, dove tutti gli schemi sono saltati. Del disagio che uno sente di vivere non si deve essere fieri nè provare vergogna. È una condizione personale. Ma attenzione, spesso il disagio è anche uno status symbol, una moda. Se una persona vive un disagio vero, questo diventa anche lo strumento attraverso cui supera la propria condizione per creare qualcosa di buono. Il disagio è anche stimolo a canalizzare la frustrazione verso qualcosa di migliore. Di questo parlano i testi delle nostre canzoni.

L'influenza dei cantautori italiani degli anni '70 è molto evidente nei brani dei Giorni Anomali.

De Andrè, De Gregori, Vasco Rossi. Ma anche Bob Dylan e gli Oasis, tra gli altri. Io trovo assurdo che i loro testi non si studino a scuola nelle ore di letteratura. Non dico che sia un crimine ma poco ci manca, perché parliamo di poeti contemporanei, di scrittori a tutti gli effetti. Senza nulla togliere ai programmi scolastici ministeriali classici, che sono sempre gli stessi da 50 anni a questa parte, secondo me all'ultimo anno delle superiori i principali riferimenti del cantautorato italiano e internazionale si dovrebbero studiare sui banchi. E invece no, neanche loro si imparano a scuola.

Anche musicalmente il riferimento è agli stessi artisti

Inevitabilmente è così, ci rifacciamo allo stampo cantautoriale classico di De Gregori, De Andrè, Rino Gaetano, il primo Vasco. Anche perché io le canzoni le scrivo suonando la chitarra. Poi è chiaro che insieme al gruppo lavoriamo sulla musica, seguendo anche il nostro produttore, Vincenzo Mario Cristì dei Vanilla Sky. Possiamo dire che la musica dei Giorni Anomali è un pop d'autore un chiave rock.

Che c'è di nuovo, di diverso in ''Quello che non si impara a scuola'' rispetto ai precedenti lavori ''Va tutto bene'' e ''Pace, amore e drunkoressia''?

Moltissime differenze. L'evoluzione era stata netta già dal primo al secondo album, adesso è proprio un'altra storia rispetto agli inizi. Io stesso ero diverso quando scrivevo le mie prime canzoni, anche se spesso i concetti sono sempre quelli. Da temi più riguardanti il sociale, però, siamo passati all'introspezione.

Cantate ancora la realtà della provincia sorniona è timida ma dove riescono a sopravvivere certi valori?

In parte sì. Cantiamo l'identità della provincia. Mi piacciono gli artisti che lo fanno: Vasco che tradisce l'accento emiliano, Gianna Nannini a cui scappano espressioni toscane, lo slang degli Oasis. Come dice il Blasco, la provincia ti insegna la tolleranza, il grande centro invece il maggiore distacco.

Un paio di mesi fa avete suonato durante un concerto di Eugenio Finardi, che emozione è stata?

Enorme. Una grandissima esperienza. Vi racconto un aneddoto: alla fine del suo concerto, quando stava per uscire per il bis, Finardi ci ha visto e ha detto ai suoi musicisti di sbrigarsi perché doveva suonare l'altro gruppo. Cioè noi. Ci ha trattato alla pari, anche se lui è famoso è affermato e noi no. È l'atteggiamento tipico che hanno solo i grandi e che dimostra che lo spirito rock'n'roll o c'è l'hai o non ce l'hai.

Alla presentazione dell'album il 4 dicembre ci sarà anche Alice Sabatini, Miss Italia.

È stata mia alunna, è una nostra fan e ha promesso che farà del tutto per essere presente. Ci contiamo.

È in programma un nuovo tour?

Dopo l'uscita dell'album sì. Intanto in anteprima vi dico che il 22 dicembre faremo a Viterbo un concerto elettrico con 20 canzoni. Per il momento il luogo è ancora top secret, lo sveleremo presto sui nostri canali social.

Siete un gruppo molto social

I numeri di contatti sono molto alti, se consideriamo che siamo una band autoprodotta. Di strada da fare ce n'è però ancora tanta.

Ve lo aspettate di fare il grande salto?

Da quando sono nati ad oggi, il progetto Giorni Anomali è sempre cresciuto. Il trend è positivo. Ma quando sei dentro certe dinamiche inizi a chiederti: qual è il vero salto? Il mondo mainstream è chiuso dai talent, a cui noi per scelta non parteciperemo mai. È un dato di fatto. L'underground è invece un settore per cui noi forse siamo troppo pop. Facciamo la strada nostra, poi vediamo dove arriviamo.

Proprio non la volete una vita normale, eh?

No, ma è una necessità perché se poi si chiude il cerchio, certe canzoni non vengono più. È una questione di scelte, per carità, ma se cerchi una vita improntata alla serenità, il disagio non lo puoi cantare più. Anche Noel Gallagher ha detto che una volta diventato famoso ha cominciato a buttar là tutte le canzoni che aveva scritto quando non lo era, prima della fama, e che quelle scritte dopo sono meno belle. E se lo dice lui...





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