ANNO 14 n° 89
Punk forever, Wittgenstein e Federico
>>>>> di Massimiliano Capo <<<<<
02/06/2014 - 02:00

di Massimiliano Capo

Mi sono perso, e io che pensavo di aver tutto chiaro e di sbrigarmi come la scorsa settimana.

E invece stamattina mi sono perso.

Ho anche dormito più del solito ed è forse per questo che ora sto davanti al pc da almeno un’ora e non ho scritto una parola una.

Mi sono perso e non trovo una via d’uscita per consegnare la mia cartellina prima dell’ora di pranzo così da lasciare il giusto tempo alla mia redattrice fashion di organizzare al meglio la sua giornata. Mi odierà come ogni settimana in cui tardo, ma oggi è così.

E più passano i minuti e più mi si affastellano le idee e scarto ogni ipotesi ancor prima di cominciare a rifletterci sopra. Ma devo farcela per forza, non posso non arrivare in fondo.

Eppure ieri pomeriggio mentre ero sul divano a leggere e da una radio lontana si sono alzate le note di Cistiamosbagliandoragazzi di Luca Carboni mi sembrava di aver individuato con precisione quello di cui avrei voluto provare a scrivere.

E la coincidenza tra l’ascolto del pezzo di Luca Carboni e l’articolo di Pier Vittorio Tondelli che stavo rileggendo scritto più o meno lo stesso anno in cui quella canzone è uscita, mi aveva dato la sensazione di essere nel giusto, che le energie cosmiche tutte quante avessero magicamente deciso che sarei dovuto partire da lì.

Dall’ineffabile, dall’indicibile: insomma ero lì sul divano e mi sono sentito un piccolo LudiwigWittgenstein.

E allora mi sono avvicinato alla libreria e, lasciato Tondelli sul pavimento, mi è tornato in mente un volumetto di Ingeborg Bachmann che si intitola Il dicibile e l’indicibile e che tra gli altri contiene un breve e denso saggio in forma di trasmissione radiofonica dedicato al Wittgenstein di cui sopra.

Per chi non lo sapesse il buon vecchio Ludwig ha scritto un libro, il Tractatus logico-philosophicus, che, al di là del nome che sembra uscito da un librone fantasy o da un romanzo di Harry Potter, sta lì ormai da un secolo a ricordarci che alla fine alla fine, ma proprio alla fine, dopo averci messo in guardia dal nostro modo abituale di raccontare il mondo che ci circonda così pieno di contraddizioni e dopo averci invitato a guardare l’appena citato mondo attraverso le certezze della scienza, concludeva dicendo che dopo tuto questo sforzo, il mondo ci resta inconoscibile tanto quanto prima perché a questo sforzo, tutto logica e ragione, manca tutto quello che ci preme di sapere del nostro stare al mondo.

Ludwig lo dice così: ‘’Noi sentiamo che, persino nell’ipotesi che tutte le possibili domande scientifiche abbiano avuto risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppure sfiorati’’. E volendo andare oltre, rubiamo a Pascal: ‘’Il supremo passo della ragione sta nel riconoscere che c’è un’infinità di cose che la sorpassano’’.

E allora come si fa? Come si fa a non rassegnarsi a non rispondere a ciò che ci preme davvero, e cioè a cosa stiamo facendo qui su questa terra, in mezzo ai nostri casini giornalieri, in mezzo alle gioie, agli scazzi, ai sorrisi, alle lacrime, agli amori, alle delusioni, alle carezze, all’amore fatto e a quello da fare?

Insomma,come se ne esce se a noi queste domande ci piacciono tanto anche se non reggono di fronte alle granitiche certezze delle formulazioni logico matematiche?

Se ne esce con una cosa che lui, il buon vecchio Ludwig Wittgenstein, chiama il mistico o l’indicibile, altri chiamano dio, altri ancora buddha, e poivisnùe anche gli alieni.

Insomma chiamatelo come volete voi questo indicibile.

Scegliete il nome che preferite e poi tenetevelo stretto vicino vicino, perché a quelle domande cercheremo di rispondere ogni volta che proviamo una gioia intensa e ancor di più quando sentiamo un dolore profondo.

A quelle domande non sfuggiremo neanche quando ci spiegheranno ancor meglio di Ludwig che non hanno senso e che sono contradditorie e che non rispondono ai criteri della logica, più o meno formale che sia, perché quelle domande e non altre sono le domande in grado di dare un senso al nostro passaggio in questa terra.

Le domande molto più delle risposte. Così come i casini molto più delle certezze. E le gioie intense molto più della paura di viverle fino in fondo per paura di starci male poi.

Insomma giochiamocela fino in fondo e affidiamoci all’indicibile, al culo, all’amore e al desiderio di star bene. Affidiamoci a tutte quelle domande senza risposte certe e che ci fanno ridere e piangere, godere e soffrire.

Ecco, io, a tutte queste cose, ho deciso che le chiamo energie cosmiche.

Sono quelle che stanno prima e dopo aver cercato di capire tutto quello che accade.

Quelle che spiegano un bacio e che raccontano la fine di un amore.

Quelle che disegnano un sorriso e ricordano come era bello far l’amore in riva al mare.

Sono quelle, le energie cosmiche, che respirano con me il profumo della ragazzina dai capelli rossi e che fanno scrivere a Federico, proprio stamattina, il suo più bel frammento di vita post discoteca da quando lo leggo.

Buon lunedì.





Facebook Twitter Rss