ANNO 14 n° 115
Punk forever, Fikafutura e il Barbiere di Siviglia
>>>>>>di Massimiliano Capo<<<<<<
27/05/2013 - 04:00

di Massimiliano Capo

VITERBO - Interno giorno. Fuori c’è il sole ma il freddo è pungente sebbene sia fine maggio. Ancora due giorni così e chiedo asilo alla Florida.

Scrivo, ma l’idea di continuare a perdermi tra i frammenti che ho intorno a nemmeno quaranta minuti dall’inizio del derby mi suona più strano del solito. Vedo giallorosso, e tra il giallo e il rosso provo ad orientarmi. Ho qui davanti a me gli appunti, i libri, le riviste, le immagini, i link di cui vorrei dire qualcosa.

In nessun ordine che non sia quello che casualmente recuperarli in giro per casa mi ha messo di fronte.

Dopotutto ho immaginato questo spazio come una TAZ, una Zona Temporaneamente Autonoma, autonoma anche da me stesso.

Fikafutura è (stata) una bella rivista militante. Così tanto militante da essere durata tre numeri tutti usciti alla fine degli anni 90 e poi stop. Li trovate sul sito di Shake Edizioni che l’ha edita a suo tempo e vi arrivano comodamente a casa volendo. Almeno i primi due numeri, del terzo non c’è traccia (?). Dentro Fikafutura si parla di identità genere cyberfemminismo arte e musica, techno a voler essere precisi. Se ne parla col tono incazzato di quegli anni figli di altri anni incazzati. Al netto del giramento di palle, i temi sono ancora attualissimi e lo svolgimento coglie spesso di sorpresa per aver mantenuto questa presa ancora così forte sul presente. Se per grande capacità di leggere il futuro o perché siamo un paese immobile cambia poco, leggere please.

Colonna sonora: CLICCA PER ASCOLTARE

Dopo una decina d’anni ho rimesso piede da un barbiere. Pardon acconciatore. Per maschietti e femminucce, un parrucchiere insomma. Spero che non abbia cambiato ancora nome nel frattempo. Io ossessionato dalle madeleine e dai ricordi lo continuo a chiamare barbiere. Ci sono andato per sentire di nuovo i sapori di un tempo non avendo grandissime necessità in campo tricologico. La foto in testa a questa rubrichina parla da sé. Insomma ci vado e ritrovo lo stesso clima di chiacchiere, lazzi, frizzi e giocose amenità di un tempo. Trovo i giornali di gossip come allora. Ma non trovo i porno nascosti nel cassetto per gli sporcaccioni degli anni 70, né, temo, i calendarietti ai profumi improbabili e pieni di pin up scollacciate. E nemmeno i gialli da edicola di quegli anni che non so perché mi fanno pensare alla nutella e alla nebbia. Passi per la nutella ma qui la nebbia non c’è mai stata. Potere della fantasia. Comunque è proprio di un giallo degli anni settanta, cioè lui, il giallo, c’era anche prima che voglio dire. Quel giallo, dicevo, in realtà c’è dal dopoguerra esattamente. Ma io me lo ricordo nelle edicole di quegli anni. Sono le inchieste di Sanantonio (nella traduzione italiana tutto attaccato), lo sboccacciato ubriacone e scopatore commissario della Polizia di Parigi aggregato ai Servizi Speciali di cui la casa editrice e/o sta mandando in libreria in questi giorni i primi due volumi. E sono un piacere da leggere. Perché scritti bene, con una lingua popolare forte ironica. Pop, insomma.

Colonna sonora: CLICCA PER ASCOLTARE

‘Il cyberpunk è una cazzata’ così senza giri di parole Mark Downham in un vecchio articolo del 1988 pubblicato da Vague, la rivista della controcultura inglese. Ma è anche tante altre cose. Un testo, questo di Downham, scritto nella assertiva lingua dei situazionisti, contraddittorio quanto basta per far pensare. E per meritarsi una lettura. Attenta, almeno in questo caso. Lo si trova dentro l’antologia dedicata al cyberpunk curata da Raf Valvola Scelsi, anche lei edita da Shake Edizioni. Tra i tanti pezzi, una meravigliosa e psichedelica visione del futuro uscita dalla bocca e dalla mente di Tymothy Leary pubblicata nel 1990 dove quello che stiamo vivendo oggi è ampiamente previsto e anticipato. A cominciare dalla fine della modalità con cui siamo stati abituati a pensare da Platone in poi. Finalmente, aggiungo io.

Colonna sonora: CLICCA PER ASCOLTARE

‘Il territorio può essere relativo sia a uno spazio vissuto, sia a un sistema che il soggetto percepisce come ‘casa mia’. Il territorio è sinonimo di appropriazione, di soggettivazione chiusa su se stessa. Il territorio può deterritorilizzarsi, aprirsi, essere coinvolto in linee di fuga, oppure frenare e distruggersi. La riterritorializzazione consisterà quindi nel tentativo di ricomposizione di un territorio coinvolto in un processo deterritorializzante’. Se immaginiamo il territorio oltre la sua dimensione meramente fisica arriveremo a pensare il cuore di questi anni. Una continua attività di condivisione contaminazione ricombinazione che facciamo ogni giorno. E che dobbiamo imparare a fare ancora meglio di ora.

Colonna sonora: CLICCA PER ASCOLTARE

Poi vai a Roma a fare delle foto e ti ritrovi a camminare per il centro, ad entrare ad ascoltare una presentazione di un libro in una boutique ad alta gradazione erotica e capisci che le foto puoi farle anche dopo. O non farle per niente. Ecco a me è successo giovedì. Il posto è questo: http://www.zouzoustore.com/ e ancora sorrido.

Colonna sonora: CLICCA PER ASCOLTARE

Tempo scaduto, comincia il secondo tempo.

 

 





Facebook Twitter Rss