ANNO 14 n° 89
Punk Forever, Bloch e il persico sole
>>>>>di Massimiliano Capo<<<<<
29/07/2013 - 04:00

di Massimiliano Capo 

Io cioè come tutti.

Io cioè come tutti ho avuto quattro nonni. Anzi no. Io cioè non proprio come tutti ho avuto due nonni e tre nonne. Che poi erano tre nonni e due prozii. Insomma, nonnogigi, nonnananna, nonnaada, ziomario e zialia. Nonnoettore io non l’ho mai visto, era volato via prima che nascessi e di lui giusto qualche foto e qualche cosa scritta. Insomma avevo un nonno in meno e due quasi nonni in più. Quasi nonni che per me erano nonni però.

Due, nonnogigi e nonnananna, abitavano a Capodimonte e gli altri a Viterbo. E io gli volevo bene. A tutti.

Oggi non ci sono.

Oggi non ci sono più. Quindi sono cinque nonni e quasi nonni che mi ricordo e basta.

Nonnaada dipingeva e sapeva fare cose meravigliose con le mani ma non sapeva cucinare. Zialiadiceva il rosario ogni pomeriggio e la sentivi dalla sua stanza ripetere per un’ora e mezza questa sconfinata cosa di preghiere e faceva il ragù più buono del mondo, quello che mangiando la domenica i bucatini una macchia sulla camicia c’era sempre e non si toglieva nemmeno con Ace, quello della pubblicità con la nonna stronza che rompeva le camice alla figlia pur di dimostrare che il detersivo che usava faceva cacare (CLICCA QUI).

Ziomario smessi i panni del bancario coltivava l’orto e faceva viaggi e mandava cartoline e nella cassa delle sue cose aveva gli articoli scritti per Il Tempo di ormai quasi un secolo fa e qualche cimelio del ventennio.

E poi nonnogigi e nonnananna.

E poi nonnogigi e nonnananna che abitavano a Capodimonte e che vedevo una domenica sì e una no secondo una legge dell’alternanza che ha funzionato per anni e che mi regalavano una domenica sì e una no quanto serviva per comprarmi un vinile all’Underground.

Nonnogigi faceva il bracciante, si alzava presto ed andava in campagna. In bicicletta, sette chilometri ad andare e sette chilometri a tornare. Aveva un piccolo fazzoletto di terra, quanto bastava per vivere. E poi lavorava per altri. E si alzava prestissimo e mangiava il pane col latte. E poi si portava il tascapane con la seconda colazione e il pranzo. Ed era fortissimo e abbronzato come i braccianti tutto il giorno sotto il sole a faticare. E poi andava a caccia. E lo chiamavano a fare da guida tipo davidcrocket, cioè io me lo immaginavo così, tipo uno dei fumetti di Tex che sapeva i nascondigli segreti degli animali e li cacciava. E poi suonava nella banda come quando era andato in guerra in Libia e aveva visto le navi e il deserto e la guerra lontana. Nella banda suonava il basso che è quella tromba gigante che fa tunz tunz come nella techno. E poi quando non potè suonare più il basso che si fatica suonava la grancassa che fa tunz tunz pure lei come nella techno. Insomma mio nonno quando è volato via era ancora forte e mi sollevava da terra senza fatica e la banda del paese lo ha accompagnato fino al cimitero e lui è andato in cielo accompagnato dalla musica che faceva tunz tunz.

Un giorno mio.

Un giorno mio nonno mi porta a tagliare l’erba di un giardino che curava ed era dopo pranzo. Ed era estate tipo oggi ma come le estati di una volta, quelle che cominciavano quando chiudeva la scuola e finivano quando riapriva il primo ottobre. Mai prima o dopo. E io arrivo al giardino dopo due metri a piedi, era davanti a casa, e dopo aver tagliato due fili d’erba mi sono sentito male, mi è venuto un giramento di testa e poi ho vomitato e poi ho detto è meglio che leggo che la vita dei campi non fa per me.

Un altro giorno mio nonno.

Un altro giorno mio nonno mi ha raccontato una storia. E io avevo già deciso di leggere e basta nella vita. E di sentire la musica. Insomma di non andare per campi sotto il sole che mi ustiono pure e poi non sono forte come lui. Insomma un altro giorno mio nonno mi racconta la storia di Giovannone che era un caporale, cioè quello che organizzava i braccianti e li portava a lavorare a giornata nei campi.

Giovannone quel giorno a tutti i braccianti raccolti sulla piazza che stavano aspettando di portare a casa la giornata disse come dovevano comportarsi una volta che fossero arrivati sul campo. E siccome Giovannone era un caporale ma anche un mezzo anarchico di quelli che non c’è bisogno di leggere i libri per capire come gira il mondo disse ai braccianti: ‘’quando incontreremo il padrone (al tempo le cose si chiamavano ancora per nome, prima che venisse di moda il politicamente corretto) per rispetto ci si toglie il cappello e si saluta ma il padrone si guarda negli occhi e non si abbassa la testa’’.

Quando quel giorno mio nonno mi raccontò questa storia io non me la sono più scordata e lì per lì però mi sembrava di averla già letta da qualche parte. E poi pensandoci su non è che la storia l’avevo già letta da qualche parte, semplicemente in tre righe mio nonno e Giovannone avevano fatto la sintesi più bella di una cosa che aveva pensato anche Ernst Bloch e cioè che tutti noi dovremmo poter camminare eretti. Camminare eretti nel senso di poter guardare tutti gli altri negli occhi senza dover piegare la testa. Insomma liberi e uguali.

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E così mezzo titolo della rubrichinapunk è sistemato.

E poi mio cugino.

E poi mio cugino, quello di Roma, gli piaceva andare a pesca. Andava sempre a pesca e comprava canne e vermi e faceva la polenta per prendere le tinche le carpe e il luccio e pesci dai nomi composti tipo persicotrota che secondo me manco esistono e per certo non esistevano nel lago di Capodimonte che poi è quello di Bolsena ma siccome noi siamo di lì per noi era di Capodimonte e ancora lo è.

Insomma, mio cugino di Roma andava a pesca. E ci andava di mattina presto e poi durante il giorno e anche di sera. E io ci sono andato con lui ma era tutto di una noia mortale. La sveglia, l’attesa, i pesci viscidi e immangiabili e su tutti il persico sole, vera star della pesca da riva negli anni settanta che era piccolo e pieno di spine e quindi niente a parte i colori brillanti che gli davano il nome. O almeno pensavo fosse per questo che si chiamava sole e forse è pure vero che è così.

E così.

E così abbiamo sistemato anche l’altra metà del titolo della rubrichinapunk.

E poi a me il teatro.

E poi a me il teatro non mi piace. Ci sono andato e non mi è piaciuto. Non mi è piaciuto mai.

E poi però mi invitano a vedere Ascanio Celestini all’Ambra Jovinelli e ora sono passati tre anni. Credo. Io all’Ambra Jovinelli, tre anni fa credo, a vedere Ascanio Celestini ci sono andato con Francesca che me l’aveva presentata Riccardo il mio amico che sta con Elena. Elena, che organizza gli eventi di sciampi e detersivi e di modelle a cui io vado a fare le foto.

Insomma Francesca era bella. E io ho preso una cotta. E io a Francesca che ho preso una cotta per lei gliel’ho scritto su un mini libro che ho stampato in una copia con tutti disegni miei dentro e una lettera d’amore pure e gliel’ho dato una sera usciti dal teatro dopo Ascanio Celestini e poi non è successo niente perché non succede mai niente quando vorresti che succede qualcosa e forse sarebbe meglio abbandonarsi alle energie cosmiche che tutto guidano e che solo Paolo Fox conosce e.

E però il teatro quelle volte con Ascanio Celestini mi è piaciuto e mi sono emozionato perché Ascanio Celestini è pieno di storie e c’è lui che le racconta lì da solo sul palco e ti guarda negli occhi e ti dice le cose proprio a te. Perché a me piacciono le storie e chi me le racconta.

Tipo quella di Giovannone e mio nonnogigi.

Sì, lo so.

Sì, lo so manca la Democrazia Cristiana. E io che dovevo parlarne perché l’ho promesso a Giuseppe. Ma non c’è più spazio.

Giusto un po’ per questo link: CLICCA QUI.

Perché Maledetta Primavera con la Dc e con Giuseppe c’entra. C’entra e come se c’entra.

Alla prossima.





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