ANNO 14 n° 109
Proust in cucina, Mi ricordo, ero quella cosa lì
>>>> di Massimiliano Capo <<<<
29/09/2014 - 01:00

di Massimiliano Capo

Mi ricordo le facce consumate dalla fatica. Mi ricordo delle rughe e dei cappelli calcati sugli occhi assonnati. Mi ricordo delle mani curve e nodose.Mi ricordo le foto sui giornali. Le bandiere rosse sul fondo. Intorno le voci basse e roche di chi fuma troppo.

Mi ricordo le scarpe da lavoro piegate dal tempo e i pantaloni sempre troppo lunghi e larghi.Mi ricordo le teste insaccate nelle spalle e quegli sguardi sempre rivolti come a cercare.Mi ricordo dei servizi al telegiornale, in quelle mattine sempre nebbiose.Mi ricordo degli scioperi e qualche volta degli scontri: con i provocatori, con la polizia, con i carabinieri.

Mi ricordo le pagine in bianco e nero di Paese Sera e la conta dei morti di chi in nome di quelle facce aveva pensato di fare giustiziada sè.Mi ricordo la tristezza di quei giorni e quanto fosse difficile ridere anche per un bambino.Mi ricordo che alcuni la chiamavano la rude razza pagana.Mi ricordo che altri li chiamavano lavoratori come se fossero tutti come loro e loro fossero tutti.Mi ricordo che erano operai.Mi ricordo che volevano star meglio, faticare di meno, avere più tempo per farsi i cazzi loro.Oggi, ho appena letto un’intervista al filosofo italiano che agli operai ha dedicato il suo libro più noto e che ci ha messo cinquant’anni a capire che volevano un aumento e non la rivoluzione.

Oggi so per certo che basta andare al bar ogni tanto per capire l’aria che tira invece di farsi le pippe in biblio.Mi ricordo i guardiani dell’ortodossia, quelli che ti dicevano come vestirti, che musica ascoltare, cosa fosse giusto e cosa non lo fosse, cosa leggere e cosa non leggere.Mi ricordo le riviste di quegli anni lontani, i titoli perentori, le certezze granitiche, la chiarezza del tutto, l’irreversibilità di un processo che conteneva tutti gli altri.Mi ricordo che non poteva non andare come sarebbe dovuta andare.Mi ricordo che sarebbe arrivato, bastava solo aspettare.Mi ricordo che quando poi alla fine sarebbe arrivato sarebbero stati cazzi per tutti quelli che non ci avevano creduto davvero.

Anche tra mille anni, sempre cazzi sarebbero stati.Mi ricordo che mi ero inventato il comunismo californiano.Mi ricordo che mi piaceva pensare che la fine della storia mi avrebbe trovato ad attenderla in una casa sulla spiaggia di fronte ad un mare azzurro cielo con le onde orlate dalla spuma bianca di fianco una fica cosmica bionda e con gli occhi color del cielo e niente da fare che non ridere scherzare e far l’amore.Mi ricordo che ancora mi piace pensarla così.Poi, mi ritrovo a sfogliare le pagine elettroniche di molti quotidiani e scopro con raccapriccio che ancora c’è chi, richiamandosi ai valori quelli con la v maiuscola, esce di casa e tira uova e farina a chi fa la fila per comprarsi un iphone6 come se comprarsi uno smartphone disegni il profilo di un integrato (nel senso di Eco) mentecatto e che, ovviamente, le priorità siano sempre altrove e il problema, così come il tema, sia comunque più serio e abbia a che fare con un progressivo decadimento della società e via cianciando come se oggi non si stia decisamente meglio di ieri anche nel mezzo di un periodo di merda tipo questo che stiamo vivendo.

Insomma, tutti, lì o qui, impegnati a spiegare, a cercare un senso, a provare a costringere la vita dentro regoline e regolette che hanno mostrato la loro utilità solo per tenere sotto controllo le nostre ansie quotidiane e poco più di quelle.C’è invece una parola che amo e che trovo la più densa di significato e potenza espansiva tra tutte quelle che hanno accompagnato gli ultimi anni. Questa parola è scialla, che sta più o meno per prendila come viene, rilassati. Col sorriso sulle labbra e l’abbraccio pronto e anche un bacio dritto a lingua tesa.Ecco, mi piacerebbe occuparmi dei miei cari, dei miei affetti, dei miei amori così. Sciallando.

E se tutti sciallassimo con il nostro mondo, i 150 umani che sono la nostra vita (secondo il calcolo di una Università americana e anche secondo Don Milani) senza troppo sfracassare le palle al prossimo sai come staremmo bene.

Cosa mangiare per entrare in questo mood che zen è dire poco?La crostata di mamma Silvana che così la fa:

Ingredienti:150 gr di burro

300 gr di farina

1 limone

130 gr di zucchero

2 uova medie

800 gr di confettura

1 uovo per spennellare 

Per realizzare la crostata alla confettura di albicocche iniziate dalla preparazione della pasta frolla.. Mettete nel mixer la farina, un pizzico di sale ed il burro appena tolto dal frigo a tocchetti, nel mixer. Frullate il tutto fino ad ottenere un composto dall'aspetto sabbioso.Ora aggiungete lo zucchero e la scorza di limone per aromatizzare l'impasto. Quindi versate i tuorli e amalgamate velocemente il tutto fino ad ottenere un impasto compatto ed abbastanza elastico. Formate con l'impasto ottenuto una palla, avvolgetela con della pellicola trasparente e mettete il tutto a riposare il frigo per almeno mezz'ora. prendete una stampo da crostata del diametro di 25 cm spennellate il fondo con il burro e poi infarinatelo. Trascorso questo tempo, riprendete il panetto di pasta frolla e mettetelo su un ripiano freddo e infarinato. Stendete 2/3 della frolla sfoglia spessore di circa 3-4mm . Quindi con l'aiuto del mattarello sollevate la pasta frolla stesa arrotolandola sul mattarello e posizionatela sulla tortiera. Eliminate poi l'impasto in eccesso ritagliando accuratamente i bordi facendo scorrere il mattarello bucherellate il fondo con i rebbi di una forchetta e poi versatevi la confettura, livellate con un cucchiaio; create delle strisce con un tagliapasta seghettato o anche con un coltello e adagiatele superficie dello stampo incrociandole in modo da creare delle losanghe; spennellate con l'uovo la frolla e poi infornate in forno preriscaldato a 180° per circa 45 minuti.Quando la crostata risulterà dorata sfornatela e lasciatela raffreddare nella teglia. Una volta che si sarà raffreddata toglietela dallo stampo e traferitela su un piatto da portata e la vostra crostata è pronta per essere gustata! 





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