ANNO 14 n° 109
Proust in cucina, Vorrei essere uno gnu
>>>>> di Massimiliano Capo <<<<<
03/11/2014 - 02:00

di Massimiliano Capo

VITERBO - A me questa idea della vita eterna mi piace. Mi piace in tutte le sue declinazioni: dal viaggio verso il mondo degli dei accompagnato da cibi e monili e monete, alla tripartizione Paradiso, Purgatorio e Inferno, passando dalla reincarnazione e qualunque altra cosa vi venga in mente.

Mi piace al punto che penso di essere stato in passato un fiore, una rosa canina una margherita di campo, e mi immagino in futuro come uno gnu, il mammifero ungulato dalle lunghe corna e il vello ricco.

Mi piace perché rende più sopportabile il peso della caducità della nostra esistenza terrena e la proietta in una dimensione magica e perciò stesso affascinante, tipo come immaginare un progetto di vita proiettato nell’infinito senza tempo.

Oggi sono andato a trovare i nonni al cimitero e mentre ero lì pensavo a queste cosine e mi è tornato in mente Foscolo e la sua religio laica delle illusioni, una di quelle cose che impari a scuola e che spesso suonano mute per anni e poi dispiegano tutta la forza che si portano dentro e basta uno raggio di sole come quello di oggi per capirne il senso profondo.

E il senso profondo, quello che è arrivato a me, quello che mi piace, è che dentro questa relazione fatta di energie e memoria, di ricordi, gioie e malinconia, sta il senso di una intera vita: nell’omaggio straziato e dolente a chi c’era e nel sorriso per chi ci sarà.

Sono uscito che era appena dopo pranzo sotto il sole tiepido di questo autunno solo annunciato e insieme ai miei ho prima acquistato dei fiori e poi ho camminato verso la casa dei nonni e dei bisnonni e mi sono messo a sistemare le cose e a guardare le foto e mi è venuto da piangere perché a me quei volti, anche quelli che non ho mai conosciuto, mi mancano e non so farmene una ragione.

Non so farmi una ragione del perché non possa più incrociare lo sguardo della nonna Ada mentre fa la maglia all’uncinetto nella poltroncina vicino alla finestra, al caldo anche d’inverno, le mani veloci che corrono, gli occhiali sul naso aguzzo che aiutano a veder meglio crescere i punti a croce e io lì a cercare scoprire il disegno che ne sarebbe uscito sbirciando i fogli su cui schizzava i bozzetti di quello che avrebbe realizzato di lì a poco.

E non so farmi una ragione nemmeno del perché non possa più bussare alla porta della casa al lago e poi girare la chiave lasciata come sempre alla porta ed entrare e vedere il nonno Gigi e la nonna Nanna, lui seduto vicino al fuoco e lei a tirare la sfoglia nell’unica stanza riscaldata della loro piccola casa.

Non so farmene una ragione, nessuno sa farsene una ragione, e però ci provo.

Ci provo ricordandoli, ripensando a quei momenti vissuti insieme; riandando col pensiero ai sorrisi dati e ricevuti e alle cose imparate.

Insomma, mi rifugio nel calore della memoria e ci scavo dentro e mi ci infilo tutto intero e mi tornano in mente le mille storie che ho negli occhi (perché le storie che ci emozionano hanno a che fare con il vedere più che con il resto) e allora me le appunto perché voglio poterle raccontare piano piano a GiorgiaPunk che un giorno deciderà a cosa credere e cosa fare della sua vita ma mi piacerebbe lo facesse senza dimenticare.

Condividendo così il mio stesso desiderio: di costruire e progettare il futuro pensando agli occhi di chi verrà.

Che poi il senso dell’eternità della vita mi piace pensare che stia nel suo incessante divenire, nel succedersi delle stagioni, nei colori che cambiano, negli occhi stupiti di chi vede per la prima volta e negli occhi stanchi di chi ha già visto molto e che trova la forza di guardare al mondo ancora sorridendo proprio in quegli occhi giovani.

Che poi è anche quello che mi piace pensare che sia l’amore, il volersi bene, insomma il desiderio di condividere la propria esistenza con gli altri.

Nessuno è un’isola, diceva il poeta.

Nessuno dovrebbe mai sentirsi un’isola.

E come ci si può sentire un’isola davanti alla polenta col sugo di carne da mangiare tutti insieme sulla spianatoia?

Ecco la ricetta di mamma Silvana:

Ingredienti per 4 persone:

1 confezione di polenta

8 costine di maiale (spuntature)

2 braciole di maiale di collo un po’ spesse

4 salsicce o l’equivalente in macinato di maiale

kg. 1,6 di pelati (2 barattoli)

1 bicchiere di vino bianco

trito di sedano, carota e cipolla

1 spicchio d’aglio

3 foglie d’alloro, 1 rametto di rosmarino

olio, sale

pecorino o parmigiano grattugiato

 

Soffriggete il trito in un tegame con dell’olio e lo spicchio d’aglio. Aggiungete le costine tagliate a metà e le braciole fatte a tocchetti di circa 3 cm per lato. Lasciate rosolare la carne su tutti i lati a fiamma vivace, bagnatela col vino, aggiungete alloro e rosmarino e, dopo che sarà evaporato l’alcol, versate i pelati frullati. Salate, coprite con il coperchio lasciando uno spiraglio aperto, portate a bollore e abbassate la fiamma. Il sugo dovrà sobollire per circa 1 ora e mezza. Quando manca circa mezz’ora dalla fine della cottura aggiungete le salsicce bucherellate con i rebbi di una forchetta. Preparate la polenta come descritto sulla confezione, versatela sulla spianatoia e conditela con il sugo abbondante e la carne e, se vi piace, spolveratela con pecorino o parmigiano.

 

A me questa idea della vita eterna mi piace. Mi piace in tutte le sue declinazioni: dal viaggio verso il mondo degli dei accompagnato da cibi e monili e monete, alla tripartizione Paradiso, Purgatorio e Inferno, passando dalla reincarnazione e qualunque altra cosa vi venga in mente.
Mi piace al punto che penso di essere stato in passato un fiore, una rosa canina una margherita di campo, e mi immagino in futuro come uno gnu, il mammifero ungulato dalle lunghe corna e il vello ricco.
Mi piace perché rende più sopportabile il peso della caducità della nostra esistenza terrena e la proietta in una dimensione magica e perciò stesso affascinante, tipo come immaginare un progetto di vita proiettato nell’infinito senza tempo.
Oggi sono andato a trovare i nonni al cimitero e mentre ero lì pensavo a queste cosine e mi è tornato in mente Foscolo e la sua religio laica delle illusioni, una di quelle cose che impari a scuola e che spesso suonano mute per anni e poi dispiegano tutta la forza che si portano dentro e basta uno raggio di sole come quello di oggi per capirne il senso profondo.
E il senso profondo, quello che è arrivato a me, quello che mi piace, è che dentro questa relazione fatta di energie e memoria, di ricordi, gioie e malinconia, sta il senso di una intera vita: nell’omaggio straziato e dolente a chi c’era e nel sorriso per chi ci sarà.
Sono uscito che era appena dopo pranzo sotto il sole tiepido di questo autunno solo annunciato e insieme ai miei ho prima acquistato dei fiori e poi ho camminato verso la casa dei nonni e dei bisnonni e mi sono messo a sistemare le cose e a guardare le foto e mi è venuto da piangere perché a me quei volti, anche quelli che non ho mai conosciuto, mi mancano e non so farmene una ragione.
Non so farmi una ragione del perché non possa più incrociare lo sguardo della nonna Ada mentre fa la maglia all’uncinetto nella poltroncina vicino alla finestra, al caldo anche d’inverno, le mani veloci che corrono, gli occhiali sul naso aguzzo che aiutano a veder meglio crescere i punti a croce e io lì a cercare scoprire il disegno che ne sarebbe uscito sbirciando i fogli su cui schizzava i bozzetti di quello che avrebbe realizzato di lì a poco.
E non so farmi una ragione nemmeno del perché non possa più bussare alla porta della casa al lago e poi girare la chiave lasciata come sempre alla porta ed entrare e vedere il nonno Gigi e la nonna Nanna, lui seduto vicino al fuoco e lei a tirare la sfoglia nell’unica stanza riscaldata della loro piccola casa.
Non so farmene una ragione, nessuno sa farsene una ragione, e però ci provo.
Ci provo ricordandoli, ripensando a quei momenti vissuti insieme; riandando col pensiero ai sorrisi dati e ricevuti e alle cose imparate.
Insomma, mi rifugio nel calore della memoria e ci scavo dentro e mi ci infilo tutto intero e mi tornano in mente le mille storie che ho negli occhi (perché le storie che ci emozionano hanno a che fare con il vedere più che con il resto) e allora me le appunto perché voglio poterle raccontare piano piano a GiorgiaPunk che un giorno deciderà a cosa credere e cosa fare della sua vita ma mi piacerebbe lo facesse senza dimenticare.
Condividendo così il mio stesso desiderio: di costruire e progettare il futuro pensando agli occhi di chi verrà.
Che poi il senso dell’eternità della vita mi piace pensare che stia nel suo incessante divenire, nel succedersi delle stagioni, nei colori che cambiano, negli occhi stupiti di chi vede per la prima volta e negli occhi stanchi di chi ha già visto molto e che trova la forza di guardare al mondo ancora sorridendo proprio in quegli occhi giovani.
Che poi è anche quello che mi piace pensare che sia l’amore, il volersi bene, insomma il desiderio di condividere la propria esistenza con gli altri.
Nessuno è un’isola, diceva il poeta.
Nessuno dovrebbe mai sentirsi un’isola.
E come ci si può sentire un’isola davanti alla polenta col sugo di carne da mangiare tutti insieme sulla spianatoia?
Ecco la ricetta di mamma Silvana:
 
Ingredienti per 4 persone:
1 confezione di polenta
8 costine di maiale (spuntature)
2 braciole di maiale di collo un po’ spesse
4 salsicce o l’equivalente in macinato di maiale
kg. 1,6 di pelati (2 barattoli)
1 bicchiere di vino bianco
trito di sedano, carota e cipolla
1 spicchio d’aglio
3 foglie d’alloro, 1 rametto di rosmarino
olio, sale
pecorino o parmigiano grattugiato
 
Soffriggete il trito in un tegame con dell’olio e lo spicchio d’aglio. Aggiungete le costine tagliate a metà e le braciole fatte a tocchetti di circa 3 cm per lato. Lasciate rosolare la carne su tutti i lati a fiamma vivace, bagnatela col vino, aggiungete alloro e rosmarino e, dopo che sarà evaporato l’alcol, versate i pelati frullati. Salate, coprite con il coperchio lasciando uno spiraglio aperto, portate a bollore e abbassate la fiamma. Il sugo dovrà sobollire per circa 1 ora e mezza. Quando manca circa mezz’ora dalla fine della cottura aggiungete le salsicce bucherellate con i rebbi di una forchetta. Preparate la polenta come descritto sulla confezione, versatela sulla spianatoia e conditela con il sugo abbondante e la carne e, se vi piace, spolveratela con pecorino o parmigiano.
 A me questa idea della vita eterna mi piace. Mi piace in tutte le sue declinazioni: dal viaggio verso il mondo degli dei accompagnato da cibi e monili e monete, alla tripartizione Paradiso, Purgatorio e Inferno, passando dalla reincarnazione e qualunque altra cosa vi venga in mente.Mi piace al punto che penso di essere stato in passato un fiore, una rosa canina una margherita di campo, e mi immagino in futuro come uno gnu, il mammifero ungulato dalle lunghe corna e il vello ricco.Mi piace perché rende più sopportabile il peso della caducità della nostra esistenza terrena e la proietta in una dimensione magica e perciò stesso affascinante, tipo come immaginare un progetto di vita proiettato nell’infinito senza tempo.Oggi sono andato a trovare i nonni al cimitero e mentre ero lì pensavo a queste cosine e mi è tornato in mente Foscolo e la sua religio laica delle illusioni, una di quelle cose che impari a scuola e che spesso suonano mute per anni e poi dispiegano tutta la forza che si portano dentro e basta uno raggio di sole come quello di oggi per capirne il senso profondo.E il senso profondo, quello che è arrivato a me, quello che mi piace, è che dentro questa relazione fatta di energie e memoria, di ricordi, gioie e malinconia, sta il senso di una intera vita: nell’omaggio straziato e dolente a chi c’era e nel sorriso per chi ci sarà.Sono uscito che era appena dopo pranzo sotto il sole tiepido di questo autunno solo annunciato e insieme ai miei ho prima acquistato dei fiori e poi ho camminato verso la casa dei nonni e dei bisnonni e mi sono messo a sistemare le cose e a guardare le foto e mi è venuto da piangere perché a me quei volti, anche quelli che non ho mai conosciuto, mi mancano e non so farmene una ragione.Non so farmi una ragione del perché non possa più incrociare lo sguardo della nonna Ada mentre fa la maglia all’uncinetto nella poltroncina vicino alla finestra, al caldo anche d’inverno, le mani veloci che corrono, gli occhiali sul naso aguzzo che aiutano a veder meglio crescere i punti a croce e io lì a cercare scoprire il disegno che ne sarebbe uscito sbirciando i fogli su cui schizzava i bozzetti di quello che avrebbe realizzato di lì a poco.E non so farmi una ragione nemmeno del perché non possa più bussare alla porta della casa al lago e poi girare la chiave lasciata come sempre alla porta ed entrare e vedere il nonno Gigi e la nonna Nanna, lui seduto vicino al fuoco e lei a tirare la sfoglia nell’unica stanza riscaldata della loro piccola casa.Non so farmene una ragione, nessuno sa farsene una ragione, e però ci provo.Ci provo ricordandoli, ripensando a quei momenti vissuti insieme; riandando col pensiero ai sorrisi dati e ricevuti e alle cose imparate.Insomma, mi rifugio nel calore della memoria e ci scavo dentro e mi ci infilo tutto intero e mi tornano in mente le mille storie che ho negli occhi (perché le storie che ci emozionano hanno a che fare con il vedere più che con il resto) e allora me le appunto perché voglio poterle raccontare piano piano a GiorgiaPunk che un giorno deciderà a cosa credere e cosa fare della sua vita ma mi piacerebbe lo facesse senza dimenticare.Condividendo così il mio stesso desiderio: di costruire e progettare il futuro pensando agli occhi di chi verrà.Che poi il senso dell’eternità della vita mi piace pensare che stia nel suo incessante divenire, nel succedersi delle stagioni, nei colori che cambiano, negli occhi stupiti di chi vede per la prima volta e negli occhi stanchi di chi ha già visto molto e che trova la forza di guardare al mondo ancora sorridendo proprio in quegli occhi giovani.Che poi è anche quello che mi piace pensare che sia l’amore, il volersi bene, insomma il desiderio di condividere la propria esistenza con gli altri.Nessuno è un’isola, diceva il poeta.Nessuno dovrebbe mai sentirsi un’isola.E come ci si può sentire un’isola davanti alla polenta col sugo di carne da mangiare tutti insieme sulla spianatoia?Ecco la ricetta di mamma Silvana: Ingredienti per 4 persone:1 confezione di polenta8 costine di maiale (spuntature)2 braciole di maiale di collo un po’ spesse4 salsicce o l’equivalente in macinato di maialekg. 1,6 di pelati (2 barattoli)1 bicchiere di vino biancotrito di sedano, carota e cipolla1 spicchio d’aglio3 foglie d’alloro, 1 rametto di rosmarinoolio, salepecorino o parmigiano grattugiato Soffriggete il trito in un tegame con dell’olio e lo spicchio d’aglio. Aggiungete le costine tagliate a metà e le braciole fatte a tocchetti di circa 3 cm per lato. Lasciate rosolare la carne su tutti i lati a fiamma vivace, bagnatela col vino, aggiungete alloro e rosmarino e, dopo che sarà evaporato l’alcol, versate i pelati frullati. Salate, coprite con il coperchio lasciando uno spiraglio aperto, portate a bollore e abbassate la fiamma. Il sugo dovrà sobollire per circa 1 ora e mezza. Quando manca circa mezz’ora dalla fine della cottura aggiungete le salsicce bucherellate con i rebbi di una forchetta. Preparate la polenta come descritto sulla confezione, versatela sulla spianatoia e conditela con il sugo abbondante e la carne e, se vi piace, spolveratela con pecorino o parmigiano. 




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