di Massimiliano Capo
VITERBO - E poi mi chiama Serena, la mia curatrice, e mi dice di accompagnarla a Roma a girare un video. Sarà stato a metà settimana e io come al solito mi sono messo a dire che non mi andava, che avevo da fare, che la domenica mattina voglio dormire e poi ci sono le partite e GiorgiaPunk a pranzo.
Insomma, le solite scuse da pigro e scoglionato però poi le ore passavano e con loro la curiosità per il progetto di cui mi aveva accennato e l’inguaribile narcisismo che mi fa sentire la voglia di essere protagonista anche quando non lo sono.
E allora stamattina, che è domenica e c’è il sole e fa caldo come avrebbe dovuto fare d’estate, sono partito alla volta di Roma.
Mi sono svegliato presto e ho scelto con cura cosa mettermi facendo attenzione a che sembrassero le prime quattro cose trovate nell’armadio. Ho caricato due sedie in macchina, perché questa era la richiesta e la condizione per partecipare all’evento, ho preso Serena e siamo partiti.
La Cimina era chiusa per non so quale inutile corsa automobilistica e allora ho scelto di andare via autostrada, destinazione lo scalo di San Lorenzo a Roma.
Arriviamo a Roma che è ancora presto e San Lorenzo dorme, pochi i bar aperti, molti i graffiti, molte le scritte, pochi i passanti, qualcuno che corre, qualcuno che passeggia col cane al fianco.
Non sembra nemmeno Roma, mancano i rumori, le voci.
Su di noi nemmeno una nuvola avrebbe cantato il poeta e il cielo è azzurro e il ponentino romano batte leggero sullo spiazzo dove è stato allestito il set.
Con noi, arrivano alla spicciolata, altre decine di persone, tutte con la sedia sotto il braccio, attraversano i cancelli d’ingresso e si mettono all’ombra in attesa che tutto cominci.
Apro la sedia (ho scelto una sedia pieghevole finto spiaggia con la seduta rossa) e mi accomodo a guardare la troupe e il regista mentre provano le inquadrature e regolano luci e fuoco della macchina da presa.
Passa quasi un’ora, e noi lì a far chiacchiere e qualche foto.
Qualche faccia conosciuta, molti, la maggior parte, mai visti prima.
Il progetto si chiama ''Courage is countagious'' e potete curiosare qui per avere maggiori notizie al riguardo.
Il progetto è di un artista che ha vissuto anche a Viterbo e che si chiama Davide Orlandi Dormino.
Quando tutto è pronto per girare, Davide ci riassume il senso del progetto e ci da le indicazione su quello che avremmo dovuto fare di li a poco.
Prendiamo appunti mentali e ci mettiamo ognuno al proprio posto, la sedia al fianco e cominciamo.
Mano a mano che i minuti passano cresce anche l’energia che tiene insieme oltre 60 persone in piedi su una sedia a raccontare, con la semplice forza della loro presenza, che salire su una sedia e dire ciò che si pensa è un gesto di coraggio che sa essere contagioso.
E sa di esserlo senza gesti eclatanti, con la sobrietà del silenzio e la durezza della testimonianza.
Spiegare un’opera d’arte, soprattutto un progetto complesso e strutturato su più piani come questo, oltre che difficile è anche a fin dei conti inutile.
Una cosa, qualunque cosa, o ti prende e la senti nella pancia e allora funziona, altrimenti c’è poco da aggiungere, non funziona e stop, con buona pace di qualche centinaio di anni di critica d’arte.
Ecco, a me in pancia è arrivato forte e in mente mi sono tornati i libri e quelli che considero i miei maestri: Aldo Capitini e Don Lorenzo Milani. Spazio finito, il perché alla prossima volta.
Dopo qualche ora sul set porto a casa, oltre ad una grande carica e ad una energia fortissima, una ustione alla testa (e a quelli che dicono che i capelli non servono vorrei far provare l’ebbrezza di 4 ore sotto il sole a cranio rasato) e insieme all’ustione una gran fame che ho deciso di saziare con uno stracotto di stinco di maiale preparato da mio cognato Maurizio.
Io l’ho fatto così:
Per 4 persone:
2 stinchi di maiale
finocchio selvatico
un bicchiere di vino bianco
sale
pepe
olio
Prendere un tegame capiente, versare olio quanto basta e poi, dopo aver condito gli stinchi con abbondante sale, olio, pepe e finocchio selvatico, metterli a rosolare fino a quando hanno formato una crosticina leggera e croccante all’esterno. A questo punto, abbassate la fiamma, sfumate con un bicchiere di vino bianco e aggiungete acqua quanto basta fino al termine della cottura che sarà compiuta solo quando la carne comincerà a staccarsi, senza fatica, dall’osso.