ANNO 14 n° 89
Primato per le imprese
in rosa della Tuscia
Viterbo č tra le prime 15 province italiane per l'imprenditoria femminile
07/11/2012 - 04:00

VITERBO - Viterbo si posiziona tra le prime 15 province italiane per il livello di femminilizzazione del sistema produttivo e si aggiudica un primato tutto ''rosa'' con una propensione all’imprenditoria femminile nettamente superiore non solo alle altre province laziali, ma anche alla media italiana.

Con un’incidenza femminile sul totale delle imprese attive pari a circa il 29 per cento, il sistema produttivo viterbese risulta essere uno tra i più ricettivi in quanto a sviluppo della componente rosa.

Secondo i dati rilevati da Confartigianato, il 17,3 per cento degli imprenditori artigiani della provincia viterbese è donna, con 1.922 imprenditrici artigiane di cui 1.657 donne titolari e 265 collaboratrici.

''Le imprese femminili – spiega Fosca Mauri Tasciotti, presidente provinciale del Movimento di Donne Impresa – rappresentano un’importante realtà per il sistema produttivo locale. Lo sviluppo della componente rosa sul tessuto produttivo, seppur recente, è un fenomeno in forte espansione grazie a quelli che sono tratti distintivi delle donne: determinazione, efficienza e collaborazione''.

Nel panorama internazionale, invece, risultato negativo per l’Italia che, a fronte della media dell'Unione Europea, si posiziona agli ultimi posti per il tasso di inattività delle donne nel mercato del lavoro. L'Italia mantiene però la leadership in Europa per il maggior numero di imprenditrici e lavoratrici autonome; Viterbo è tra le prime 15 province italiane per livello di femminilizzazione del sistema produttivo.

Secondo quanto emerso dall’Osservatorio sull’imprenditoria femminile curato dall’ufficio studi di Confartigianato, la partecipazione femminile al mercato del lavoro ci vede tra i Paesi peggiori d’Europa con un tasso di inattività delle donne pari al 48,5 per cento, a fronte della media Ue del 35,5 per cento. Peggio dell’Italia solo Malta con una percentuale del 55,9, ben lontana dal primato della Svezia, arroccata sul suo 22,3 per cento.

A livello regionale, la Campania con il 20,4% fa registrare il record più basso di occupazione femminile, uguale a quello del Pakistan e di poco superiore a quello del Libano. Sul versante opposto della classifica, invece, si posiziona la Provincia Autonoma di Bolzano con il tasso di occupazione più alto, pari al 63%.

Prima causa della situazione evidenziata il basso investimento nei servizi di welfare che dovrebbero favorire la conciliazione tra attività professionali e cura della famiglia. Secondo l’Ufficio studi di Confartigianato, la spesa pubblica per la famiglia nel 2011 è stata pari al 4,6% della spesa totale per la protezione sociale, con un incremento nel periodo 2007-2011 del +6,9%, vale a dire la metà rispetto all’aumento della spesa complessiva per il welfare in Italia.

In un contesto tanto problematico per il lavoro femminile nostrano, l’input per un cambio di rotta può dunque essere rintracciato nell’imprenditoria “rosa”, che con 1.565.400 tra imprenditrici e lavoratrici autonome, pari al 16,4% delle donne italiane occupate, si mantiene al comando rispetto alla media europea del 10,3%. Nello specifico sono le imprenditrici artigiane, con un totale di 367.895, a mantenere alta la media nazionale.






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