VITERBO – Quindici imprenditori a processo. Tutti accusati di aver messo in piedi un giro d’affari da migliaia e migliaia di euro, prestando soldi e pretendendoli indietro con tassi di interesse stellari. Che avrebbero sfiorato, nel più grave dei casi, anche il 18mila per cento.

Per questo, sono tutti accusati di associazione a delinquere finalizzata all’usura, gli imprenditori che secondo la Procura viterbese avrebbero messo in ginocchio colleghi, compaesani e privati cittadini, caduti nelle loro grinfie.

È partito ieri, per la seconda volta dopo uno stop nel dicembre scorso, il processo a loro carico davanti al collegio presieduto dal giudice Silvia Mattei: dovranno rispondere di associazione a delinquere e usura.

Tra le prove più pesanti in mano all’accusa, le numerose intercettazioni tra gli imputati e le loro presunte vittime: tra tutte, un imprenditore che, schiacciato dai debiti, avrebbe addirittura tentato il suicidio.

E sarebbero state proprio le sue dichiarazioni a far scattare le indagini della Guardia di Finanza e poi gli arresti nel dicembre del 2010. Tredici le misure cautelari emesse dal gip di Viterbo: degli indagati nove finirono in carcere, mentre i restanti quattro ai domiciliari nei comuni di Viterbo, Canepina, Civita Castellana, Vignanello e Terni. Solo in un secondo momento, la pm Paola Conti, titolare del fascicolo, inserì nel registro degli indagati altri due imprenditori, tutti rinviati a giudizio dal gup Francesco Rigato nel luglio del 2015.

Ieri la prima, lunga udienza di ammissione prove: nonostante le numerose eccezioni sollevate dalle difese, tutte le intercettazioni, anche quelle registrate dalla vittima - l’unica a costituirsi parte civile nel processo – verranno trascritte e acquisite come documenti di prova. Dalla prossima udienza, fissata già per gennaio del prossimo anno sfileranno i primi testimoni dell’accusa.