ANNO 14 n° 116
“Perché in 10 anni non ha mai parlato?”
La madre di Attilio Manca: “Perplessa su attendibilità testimone di facebook”
24/08/2013 - 04:00

VITERBO – Quando parla di lui, lo chiama “mio figlio Attilio, gioia mia”. Sempre. Sono anni che conosciamo la signora Angela Manca ed è una mamma coraggio.

Non ha mai avuto paura di parlare e di fare nomi e cognomi. Non ha indietreggiato di un passo anche quando lei ed il marito Gino furono oggetto di insulti ed offese. “Dopo la nostra denuncia che dietro l’omicidio di Attilio c’era la mafia iniziò una vera e propria persecuzione nei nostri confronti”, racconta Angela; che non si è lasciata intimorire nemmeno quando “la nostra abitazione fu invasa da strane sostanze irritanti, tanto che più volte finimmo al pronto soccorso per gravi problemi respiratori. Polizia e carabinieri, constatando che avevamo ragione, ci consigliarono di trasferisci ma noi abbiamo continuato a vivere qui, perché questa è la casa dove sono cresciuti i nostri figli, dove abbiamo trascorso gli anni sereni della nostra vita, dove la mafia ci ha consegnato Attilio in una bara. Dove ci sono i ricordi di una vita”.

Oggi la signora Manca ha quasi settant’anni. “Non sapevo nemmeno come si accendesse un computer, ma quando ho compreso quanto fosse importante per far conoscere quello che è accaduto a mio figlio mi sono armata di pazienza e iscritta a facebook”. Ed è sul social che, mercoledì scorso, le è stata postata la presunta testimonianza di Mario La Barbera, presunto ausiliario all’ospedale di Castelvetrano, dove avrebbe assistito all’incontro tra l’urologo Attilio Manca e il boss Bernardo Provenzano, ricoverato per via di un cancro benigno alla prostata.

“La testimonianza mi lascia piuttosto perplessa. Certo – commenta mamma Angela – la ricostruzione è estremamente puntuale, ma mi chiedo perché non abbia parlato prima. E, soprattutto, perché farlo in maniera pubblica. Su facebook ero già sua amica: avrebbe potuto mandarmi un messaggio privato”. Inoltre, già in passato, “avevo ricevuto un’altra presunta testimonianza, mi pare dalla stessa persona, cui io e mio marito non avevamo dato peso”.

I punti di domanda si moltiplicano, ma su una cosa la signora Manca non ha dubbi: “Andremo fino in fondo per cercare la verità”. E sono in molti a dare sostegno alla famiglia dell’urologo.

“Sempre più associazioni si stringono intorno a noi e ci sostengono per far riaprire il caso sulla morte di mio figlio. Sonia Alfano, don Luigi Ciotti (presidente di Libera, ndr), Antonio Ingroia (presidente di Azione civile, ndr) e l’associazione Caponnetto ci sono vicini nel chiedere l’intervento della Procura nazionale Antimafia”. Perché quello di Attilio “è un omicidio di mafia. Provenzano era protetto dallo Stato e mio figlio, gioia mia, è rimasto coinvolto in una cosa più grande di lui. In me c’è la disperazione di una mamma che ha perso il tesoro più prezioso e lo sconforto per aver assistito a tanta vigliaccheria da parte della Procura di Viterbo che ha condotto le indagini”.

Ieri, 23 agosto, né la famiglia Manca, né il legale, avevano ancora ricevuto alcun decreto dell’archiviazione dell’inchiesta.





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