ANNO 14 n° 107
Pd, prove di dialogo
o resa dei conti?
Direzione provinciale il 23. Percorso in salita sulle candidature alle comunali
15/03/2018 - 07:06

VITERBO - Alvaro Ricci, Francesco Serra e chissà quale altro nome uscirà dal cilindro del Pd? Mentre il totosindaco in casa dem per il momento si ferma a due nomi, il percorso per arrivare alla scelta del candidato allo scranno più alto di Palazzo dei Priori è tutto accidentato e in salita.

Chi si assumerà, infatti, l’onere o l’onore della “paternità” delle candidature dopo la debacle del 4 marzo? E se è vero che ogni elezione è a sé, il Partito democratico, uscito con le ossa rotte, deve prima rimettere o cercare di rimettere insieme i cocci e tentare di recuperare un risultato che almeno sulla carta pare già scritto. I tempi stringono (tra le possibili date per le comunali si parla del 27 maggio ma c’è anche la possibilità del 20): ci sono poche settimane per convergere sul nome del candidato sindaco.

Il primo confronto interno al partito tra vinti (l’asse Fioroni-Egidi) e vincitori (l’area di Enrico Panunzi riconfermato consigliere regionale) si avrà la prossima settimana. Per venerdì 23 marzo è convocata la direzione provinciale del Pd. Sarà l'occasione per le prove di dialogo o per la resa dei conti? Il dato oggettivo è che la direzione è orfana del segretario ma è nelle condizioni e nei poteri di definire come la federazione di Viterbo arriverà all’assemblea nazionale tenendo conto che nel mezzo vanno fatte le candidature alle amministrative. A chiarilo è lo stesso Andrea Egidi che, dimessosi venerdì scorso, ieri ha specificato che la sua decisione è irrevocabile.

La “sospensiva” fino all’assemblea nazionale del Pd, voluta dal reggente Martina, vale solo per il “percorso congressuale” per arrivare alla scelta del nuovo segretario. Egidi, nel chiarire questo passaggio, ha specificato che in questa fase di transizione non sarà impegnato in prima persona nella discussione e nelle scelte legate alle prossime amministrative. Egidi passa, o meglio, ha passato la mano e, a scanso di equivoci, nel ribadirlo, manda un segnale chiaro ai dem: non sarà lui a restare con il cerino in mano.






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