ANNO 14 n° 88
Parco del Treja, habitat perfetto per gli allocchi
La valle č popolata da numerosissimi esemplari
31/03/2016 - 17:51

CALCATA - Durante la notte, in questo periodo, è frequente udire il canto territoriale dell’allocco, uno dei rapaci notturni più comuni nelle nostre zone. Udibili già in autunno, i suoi richiami, profondi e musicali, diventano sempre più serrati tra gennaio e marzo, con l’approssimarsi della deposizione delle uova. All’inizio della primavera, infatti, la femmina depone da due a cinque uova, che coverà per un mese.

L’allocco è un rapace di medie dimensioni, ma la corporatura compatta e la testa grande e tonda lo fanno apparire ancora più imponente. Il piumaggio è grigio-bruno, con molte macchie e striature che lo rendono estremamente mimetico quando, di giorno, riposa sugli alberi. Si distingue dal gufo comune per l’assenza dei ciuffi auricolari.

Specie fortemente territoriale occupa, e difende, lo stesso territorio per tutto l’anno e, spesso, per tutta la durata della vita. È molto adattabile, ma, oltre alla diffusione di prede in tutti i periodi dell’anno, è essenziale che il territorio offra sicuri siti di riposo e di nidificazione. Il suo ambiente elettivo è il bosco di latifoglie con alberi maturi, le cui cavità sono utilizzate per il nido.

Abile cacciatore, predilige la tecnica dell’agguato: si apposta su un posatoio, fermo e attento, e, appena individua la preda, per lo più piccoli roditori ma anche altri uccelli e pipistrelli, la raggiunge con un breve volo, o una silenziosa planata. Non è una specie minacciata, ma la sua presenza in un territorio può essere limitata dai tagli boschivi troppo ravvicinati o dalla scarsità di alberi negli ambienti urbani, in questi casi si può compensare con l’installazione di nidi artificiali, che, se ben realizzati, risultano molto apprezzati. 

La Valle del Treja, con i suoi fitti boschi, i numerosi anfratti che si aprono tra le rocce, l’elevata biodiversità, costituisce l’ambiente ideale per l’allocco, qui presente con numerosi individui. Il suo canto, ascoltato nelle nebbiose e scure notti invernali delle forre, può apparire particolarmente inquietante ed è facile comprendere perché questo animale, in epoca medievale, sia stato associato alle streghe, come ci ricorda il nome scientifico di strix, strega in latino.






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