ANNO 14 n° 89
''Nessuna prova a carico di Giraldo, solo un imprenditore spaventato dalla crisi''
30/05/2017 - 17:34

VITERBO – ''Quando in un periodo di crisi, come quello che viviamo da anni ormai, gli imprenditori hanno bisogno di lavorare si fanno concorrenza. Una spietata concorrenza. Non si spartiscono di certo le gare. Anche perché non ne vengono bandite molte''. Ha inizio con una considerazione sul buon senso e sull’agire di ogni assennato capo d’azienda, l’arringa finale dell’avvocato Angelo Di Silvio, per il suo assistito, l’imprenditore Fabrizio Giraldo.

Lo sfondo è sempre lo stesso, il maxi processo Genio e Sregolatezza, approdato in aula nel 2013, e che oggi arriva alle sue battute finali. Dopo la requisitoria finale dei pm titolari dell’inchiesta, Stefano D’Arma e Fabrizio Tucci dello scorso 28 marzo, tocca ora alle difese.

Parola dunque al legale di Giraldo, l’imprenditore finito alla sbarra con le accuse di corruzione e turbativa d’asta. Assieme al lui, i colleghi Angelo Anselmi, Giuliano Bilancini, Luca Girotti, l’ex sindaco di Graffignano Adriano Santori, l’ex assessore Luciano cardoni e i due funzionari del Genio Civile Roberto Lanzi e Gabriella Annesi.

''Tutte le accuse nei confronti del mio assistito, sono accuse che qualcuno muove contro di lui – sottolinea il legale – non abbiamo prova diretta di nulla. Nelle intercettazioni non è presente niente di compromettente. Niente di veramente sicuro: non possiamo attaccarci a frasi da interpretare con malizia o da leggere con un doppio senso. Se siamo qui e dobbiamo condannare una persona, lo dobbiamo fare perché abbiamo la certezza della sua colpevolezza. Perché sappiamo che lo è, al di là di ogni ragionevole dubbio''. Una colpevolezza, però, di cui non sembra esserci prova nei documenti e negli atti che i pm hanno portato in aula all’attenzione del collegio di giudici.

''Ci sono solo frasi del tipo 'Stai tranquillo, poi ti spiego tutto!' oppure 'In banca è tutto fatto': e questo, signori della Corte, sarebbe la prova della turbativa d’asta? Se così è, alzo le mani. Non posso fare niente per convincervi del contrario''. Ma il difensore non si arrende ed ecco che passa a smontare una ad una le accuse contestate all’imprenditore Giraldo. ''Che il mio assistito abbia dovuto pagare dei soldi a qualcuno, è chiaro. È lui stesso ad ammetterlo durante gli interrogatori del 2012. Doveva pagare per non essere escluso dal giro. Doveva pagare per continuare a lavorare. Ma della turbativa non abbiamo alcuna prova. Non abbiamo prove della turbativa a Bolsena per il rifacimento del tetto dello piscina comunale. Non abbiamo prove della turbativa a Corchiano per la ristrutturazione della scuola media. Non abbiamo prove della turbativa a Graffignano per il ripristino degli infissi del palazzetto comunale. Non abbiamo prova di niente, se non alcune conversazioni telefoniche intercettate e trascritte e che dovremmo leggere con estrema malizia per trasformarle in prove di reato''.

Più di due ore e mezza di requisitoria e poi la richiesta di assoluzione con formula piena. Una richiesta che va ad opporsi a quella formulata dall’accusa, che per l’imprenditore dell’Alta Tuscia, ha chiesto 2 anni e 6 mesi di reclusione.





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