ANNO 14 n° 115
Proust in cucina, Mi ricordo, sì mi ricordo e i tortellini fatti in casa
>>>> di Massimiliano Capo <<<<
22/12/2014 - 02:02

di Massimiliano Capo

VITERBO - A Zagabria, in quella che era l’ex Jugoslavia, c’è dal 2006 il Museo delle relazioni finite.

Più precisamente, il Museum of Broken Relationships.

Il progetto, inizialmente, è una mostra/evento itinerante che dopo aver fatto il giro del mondo, decide di fermarsi a Zagabria, da dove era partita, e dar vita ad uno spazio in cui conservare la memoria delle storie d’amore, delle relazioni, finite.

A immaginare questo involucro sempre aperto ad accogliere nuovi oggetti (le storie d’amore non smetto di finire) sono stati due artisti dai nomi impronunciabili (almeno per me): Glinka Vistica e Drazen Grubisic.

Ho scritto oggetti ma ho pensato storie.

Perché quella contenuta in quelle stanze è una collezione di storie.

Di memorie e di ricordi. Di incazzature, ferite, emozioni, lacrime e sorrisi.

Rammemorati a distanza di tempo. Alcuni ormai sciolti da ogni tensione, altri ancora incazzati come se il tempo non abbia ancora fatto fino in fondo il suo corso.

Come sempre accade quando si ha a che fare con il bisogno di far ordine alle cose che ci sono accadute e che ci accadono.

Come sempre accade quando cerchiamo di disegnare la mappa della nostra vita e usiamo gli oggetti, i suoni, gli odori, come segnavia per orientare il nostro percorso futuro.

Il museo è uno dei figli prediletti della modernità.

Ha a che fare con la conservazione, ossessiva e addomesticante, del passato in un tempo che ha riservato al futuro il compito di realizzare un mondo migliore e al presente la dimensione sospesa e improduttiva del passato appena compiuto e del futuro in procinto di compiersi.

Ha uno strano profumo di polvere il museo, lascia tracce sulle dita come scorrendole su un mobile in una casa disabitata da tempo.

Ha, nella mania classificatoria che tutto tende a ridurre al già noto, il tratto prevalente della chiusura, dello sguardo di chi ha gli occhi rivolti all’indietro.

L’antidoto, perché di veleno si tratta, sono gli spazi disseminati, disorganizzati, costruiti sui frammenti.

Sui frammenti di storie. Sulle intersezioni, sulla condivisione, sugli sguardi obliqui.

Un po’ come quando si sfogliano i Passages di Walter Benjamin e, in quella colata lavica di frammenti di altri testi, si trova il filo conduttore non scritto di una riflessione sulla modernità che sceglie di procedere nell’unico modo possibile: interrompendo il flusso canonico del tempo e proponendo un ipertesto dell’essere nel mondo in cui muoversi, non senza fatica, senza le costrizioni gerarchiche a cui siamo abituati.

Ieri ero a pranzo con la ragazzina dai capelli rossi e pensavo, mentre ero lì che mangiavo, che forse dovrei inviare a Zagabria un pezzo qualunque della nostra storia.

Ci ho pensato per tutto il pomeriggio, soffermandomi su quale delle tante cose che me la ricordano, potesse, meglio delle altre, raccontarci.

Le ho passate in rassegna prima mentalmente, poi qualcuna l’ho anche presa in mano, toccata, osservata.

Sono tornato al momento in cui è entrata nella mia vita (la ragazzina e la cosa).

E sono tornato al momento in cui dalla mia vita è uscita (la ragazzina).

E poi mi son messo lì a pensare che le cose e la ragazzina dalla (mia) vita non sono mai uscite e che non è tempo di inviarle a Zagabria, perché chiuse in un museo, anche in un museo meraviglioso come quello, ci starebbero male.

Si sentirebbero sole come mi sentirei solo anche io se non fossero intorno a me, dentro uno sguardo, sotto i polpastrelli delle mani che frugano tra libri, disegni, foto e tanto altro che ancora parla e, mi parla, di me, dei tanti errori commessi e dei tanti sorrisi a cui ci siamo abbandonati.

Insomma, è Natale e dire l’amore è più bello che a giugno.

E oggi, a me, mi andava proprio di dirlo, l’amore.

Buon Natale e buon pranzo con i tortellini di mamma Silvana!

Per la pasta:

800 g Farina

8 Uova 

Per il ripieno:

150 g Polpa di maiale

150 g Polpa di vitello

100 g Salsiccia

100 g Prosciutto crudo

50 g Mortadella

1 Uovo

150 g Parmigiano grattugiato

1/2 cucchiaio Pane grattugiato

30 g Burro

Sale q.b.

Noce moscata

Per il brodo:

2 l Brodo di manzo o di cappone q.b.

Parmigiano grattugiato

Preparazione

Fatevi macinare finemente il vitello, il maiale e la salsiccia. A parte macinate il prosciutto e la mortadella. Sciogliete il burro, unitevi la carne macinata e fatela cuocere per qualche minuto. A fine cottura salatela, poi scolatela dall’acqua e lasciate raffreddare.

Preparate il ripieno versando in una ciotola la carne macinata cotta, il prosciutto e la mortadella crudi, il parmigiano, il pane grattugiato e l’uovo. Aggiustate di sale e spolverizzate con pochissima noce moscata grattugiata, quindi mescolate bene l'impasto e mettetelo in frigorifero.

 

Preparate la pasta impastando la farina con le uova fino ad avere un impasto liscio, omogeneo e morbido. Tirate la sfoglia, piuttosto sottile, e tagliatela a quadrati di 3-4 cm.

Ponete al centro di ogni quadrato di pasta un po' del ripieno, poi piegate la pasta a triangolo facendo aderire bene gli orli. Dopo aver stretto tra il pollice e l'indice di entrambe le mani gli angoli del lato più lungo, fate ruotare con la mano destra il triangolo di pasta intorno all'indice della mano sinistra, poi riunite i 2 angoli e stringeteli fino a farli combaciare (immaginate come è fatto un tortellino, è più facile del previsto).

Colate il brodo e, portatolo a bollore, buttatevi i tortellini facendoli cuocere per 5 minuti. Serviteli spolverizzandoli di parmigiano grattugiato.

 





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