ANNO 14 n° 110
Moscaroli: ''Mazzette dal '92: non vivevo più''
Moscaroli, dirigente Isa, racconta
la sua verità sulle tangenti alla Asl
25/06/2016 - 02:01

VITERBO - ''Eravamo costretti a pagare non per ottenere il lavoro - quello già c'era - ma per evitare che qualcuno ci mettesse i bastoni tra le ruote. Sotto di me avevo 25 persone, ogni giorno dovevo avere la certezza che non li avrei lasciati in mezzo a una strada dall'oggi al domani''. A parlare, in un'udienza durata più di due ore, è Alfredo Moscaroli, dirigente della Isa, società di gestione dei servizi informatici all'interno della Asl di Viterbo. Imputato nel processo per tangenti, racconta in aula la sua verità.

''Con la società sono entrato nell'azienda sanitaria nel 1991. Da subito, tolto il primo mandato annuale, ho dovuto versare somme di denaro: 100 milioni di lire per non essere buttati fuori dal presidente. Ma quello che ho imparato è che i direttori generali vanno e vengono. È con i funzionari che devi convivere''.

Due milioni di lire al mese, quindi, anche al responsabile del centro elaborazione dati, Ferdinando Selvaggini: ''Mi disse che era stanco di lavorare e far arricchire gli altri: era arrivato il suo momento, chiunque avesse voluto lavorare in azienda doveva passare da lui''.

Milioni di lire che sono diventati ben presto 2mila euro. Poi 3.700. Più del doppio iniziale. ''Tutti i miei soci sapevano, ma non si può dire di no a tali ricatti - ha sottolineato Moscaroli - Queste somme sono lo scotto da pagare per chi fa il mio mestiere. E non sempre sono rapporti convenienti: a Roma, ad esempio, dovevo pagare 120mila euro l'anno per assicurarmi un appalto da 500mila''.

Ma le minacce continue, specialmente durante l'era Aloisio, non lasciavano spazio ad altra scelta.

''Non siete soli. Di aziende che possono sostituirvi ne è pieno il mercato''. Le frasi che si ripetevano ogni giorno. ''Ero preoccupato per i miei dipendenti, dovevo assicurarmi di mantenere in piedi il contratto''. E così altri soldi, questa volta non sotto forma di mazzette ma di sconto nelle prestazioni o di assunzioni a parenti e ''mogli di''.

Come il caso della moglie di Selvaggini, per cui è stata trovata un'occupazione all'interno della Isa, che ''poteva svolgere chiunque avesse una minima conoscenza del computer'', precisa. ''Avrei assunto altre mille persone, ma ho dovuto scegliere l'unica possibile. Non riuscivo più a pagare in nero Selvaggini: lo stipendio di sua moglie avrebbe sgravato parte delle somme che ogni mese gli dovevo versare''.

O il caso di Luciano Mingiacchi, nel 2005 direttore generale della Asl Roma H: ''Mi presentò suo nipote, dicendomi di trovargli un posto. Non potevo tirarmi indietro se volevo continuare a lavorare. 4mila euro al mese e nemmeno si presentava. Ho dovuto ingoiare tutto, anche se ero stanco. È stato il periodo più brutto della mia vita: tornavo a casa con l'angoscia, ho pensato di svendere tutta la società. Non ne potevo più''.

Il processo continua il prossimo 8 luglio con l'audizione dell'ex direttore generale Aloisio. Si dovrà aspettare il prossimo ottobre, invece, per proseguire l'esame di Moscaroli: il 28 parola alla difesa.





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