ANNO 14 n° 110
Maxi truffa sui televisori, indagini nella Tuscia
Scoperta una rete criminale di livello europeo finalizzata a evadere le tasse
07/07/2015 - 16:07

VITERBO – Operazione ''Schermo piatto'', scoperta maxifrode nazionale passante anche per la Tuscia. Riuscivano a vendere televisori di ultima generazione a prezzi stracciati, ma non era una strategia di marketing. Si trattava infatti di una grande frode, scoperta dalla Guardia di Finanza di Milano, che consisteva nel piazzare televisori e altri prodotti elettronici non assolvendo le imposte.

Secondo i primi accertamenti sarebbero state evase tasse per 70 milioni di euro. 150 uomini delle fiamme gialle stanno eseguendo 19 ordinanze di custodia cautelare, emesse dal gip del Tribunale di Monza Pierangela Renda. Coinvolti anche un bulgaro e un italiano residenti nel principato di Monaco, nei confronti dei quali sono stati emessi due mandati di arresto europeo. Più di 50 perquisizioni in atto disposte dal pm Donata Costa, titolare delle indagini. L’inchiesta si muove sul territorio italiano ma anche in Bulgaria, Croazia, Principato di Monaco, Polonia, Repubblica Ceca, Spagna, Svizzera e Romania. Le province italiane interessate sono: Alessandria, Como, Frosinone, Latina, Milano, Monza e Brianza, Salerno, Roma, Verona e Viterbo.

I militari della guardia di finanza stanno operando anche presso istituti bancari e conservatorie per sequestrare beni e denaro per un controvalore di circa 12 milioni di euro. Una maxi frode che oltre a creare un vuoto nelle casse dello stato stava creando seri problemi alle imprese in regola, che dovendo pagare le tasse di fatto non erano più competitive.

L’organizzazione indagata aveva creato un articolato reticolato di aziende, in Italia e all’estero, esistenti solo sulla carta e intestate a prestanome o persone di fiducia, allo scopo di acquistare prodotti elettronici presso un fornitore bulgaro.

Gli articoli, una volta entrati sul territorio nazionale, venivano stoccati in depositi di logistica principalmente a Desio e in provincia di Roma. La merce, senza essere spostata dai magazzini, veniva, quindi, acquistata da una grossa società alessandrina. Con un ulteriore passaggio, l’azienda piemontese vendeva i prodotti, sempre solo sulla carta, a società di diritto comunitario. Dopo una serie di ulteriori cessioni fittizie tra società di diritto comunitario, gli stessi prodotti venivano riacquistati dall’azienda alessandrina, per finire quindi sugli scaffali della grande distribuzione a prezzi imbattibili.

Una serie articolata di cessioni ed acquisti, per consentire alla società italiana distributrice di crearsi crediti Iva indebiti e di vendere sul mercato italiano e estero i prodotti a prezzi notevolmente inferiori rispetto a quelli della concorrenza. Il sistema era garantito da un vorticoso giro di fatture, documenti di trasporto e doganali rigorosamente falsificati, al solo fine di giustificare i passaggi della merce tra le società. I debiti tributari venivano, invece, lasciati in capo alle società fittizie e ai prestanome compiacenti e soprattutto nullatenenti.

La Guardia di Finanza sta investigando sul giro da circa un anno.






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