ANNO 14 n° 114
Mars 500: la Tuscia
alla conquista di Marte
Il Laboratorio di Microbiologia Agraria e Ambientale collabora al progetto
12/03/2012 - 16:50

di Giovanna Bianconi

 

L’ambizioso progetto di arrivare tra qualche decennio sul pianeta rosso è limitato, più che da aspetti tecnologici, da problematiche mediche e psicologiche. Per questa ragione le agenzie spaziali di tutto il mondo stanno conducendo da qualche anno ricerche sulla composizione degli equipaggi e la loro vita all’interno dei moduli spaziali.

Mars500 è il più grande e completo programma scientifico mai realizzato sull’argomento, al fine di studiare gli innumerevoli aspetti legati ad una missione umana di lunga durata. In precedenza sono state svolte due simulazioni preparatorie, una di due settimane nel 2007 e l’altra di 105 giorni due anni dopo. E’ uno storico passo avanti nel percorso che farà giungere tra qualche decennio l’uomo su Marte.

Il Laboratorio di Microbiologia Agraria e Ambientale del Prof. Canganella (Dibaf, Università della Tuscia) ha seguito fin dalle prime fasi la progettazione e costruzione della struttura, il Nek, che ha consentito ai sei volontari di vivere come se fossero stati all’interno di un’astronave. Gli esperimenti montati a bordo per conto del laboratorio viterbese riguardavano la biocontaminazione ambientale (esperimento Biofilm) e i prodotti per il benessere e la salute degli equipaggi (esperimento Lifeplus).

Presso l’Ibmp (Istituto per i problemi biomedici) di Mosca sono stati costruiti i moduli (abitato, medico e di servizio, il simulatore di orbita e atterraggio e il simulatore della superficie marziana) in cui il 3 giugno 2010 entrarono i sei scienziati tra cui l’ingegnere italiano Diego Urbina.

Lo hanno chiamato “Il Grande Fratello dello spazio”, ma non è affatto così: i sei membri dell’equipaggio (oltre all’italiano, un francese, un cinese e tre russi), non hanno avuto vita semplice, tra esperimenti scientifici e simulazioni di volo, atterraggio (o dovremmo dire “ammartaggio”?) e campionamenti di suolo marziano.

Hanno vissuto completamente isolati in missione simulata verso Marte per circa 520 giorni, il tempo necessario con le tecnologie ad oggi disponibili per arrivare sul suolo marziano, effettuare alcune attività di esplorazione e campionamento e tornare sulla Terra. In questo lasso di tempo l’equipaggio ha svolto tutte le fasi di routine, di lavoro e gli esperimenti scientifici previsti. Hanno vissuto come già fanno gli astronauti della Stazione spaziale internazionale, dividendo il loro tempo tra operazioni di mantenimento dei moduli, attività di esercizio fisico rigorosamente alternate ad ore di riposo, esperimenti scientifici ed esercitazioni.

Le fasi della missione prevedevano il viaggio, l’orbita attorno al pianeta rosso, l’atterraggio, le operazioni di superficie e infine il ritorno sulla Terra. Durante l’intero periodo i sei hanno ricevuto un piano giornaliero delle attività da svolgere e hanno scambiato informazioni con la sala di controllo con modalità analoghe a quelle che realmente si verificherebbero in un viaggio Terra-Marte e ritorno. Infatti, man mano che si allontanavano dalla Terra, le comunicazioni si facevano più difficoltose e rade a causa del ritardo del segnale, dovuto alla distanza.

I moduli sono stati arredati internamente ed attrezzati in maniera tale da mimare il più possibile lo stile di vita degli astronauti. Gli allestimenti scientifici sono stati messi a punto e montati dai coordinatori scientifici e dai responsabili delle strumentazioni di ogni gruppo di lavoro, in aree concordate con gli ingegneri dell’Ibmp. Ovviamente tutto il materiale sperimentale, compresi i protocolli da adottare, si trovavano già a bordo: nel corso dei 520 giorni di missione nulla sarebbe potuto più entrare o uscire dal simulatore.

Unica eccezione i campioni biologici prelevati che, per ovvi motivi di conservazione, sono stati man mano “spediti nello spazio” dall’equipaggio per raggiungere l’Ateneo della Tuscia.




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