ANNO 14 n° 116
Mafia, il Comune chiede 500mila euro di provvisionale
''E una pena di giustizia per quello che hanno commesso'', ieri parola alle 19 parti civili e al via le discussioni delle difese
02/06/2020 - 06:45

VITERBO - ''Non chiediamo una pena esemplare, ma una pena di giustizia per quello che hanno commesso''. C'è anche il Comune di Viterbo tra le 19 parti civili costituite contro il presunto sodalizio criminale di stampo mafioso, sradicato con il maxi blitz del 25 gennaio 2019.

Ieri mattina, di fronte al giudice romano Emanuela Attura, le richieste di risarcimento di tutte le vittime che nell'arco di due anni, dal 2017, sono cadute nella rete della banda. Incendi, attentati, intimidazioni, minacce: una cinquantina di episodi che l’associazione avrebbe messo a segno per sbaragliare la concorrenza negli affari e risolvere diatribe personali.

A spiccare tra tutte, le richieste dell'amministrazione comunale viterbese, pronta a chiedere una provvisionale di 500mila euro: 50mila euro a testa per i dieci arrestati finiti di fronte al giudice con rito abbreviato. Tra loro, anche i due presunti vertici del sodalizio, Ismail Rebeshi e Giuseppe Trovato.

''La città di Viterbo per mesi è stata scenario di un fenomeno eccezionale, mai visto prima, che ha portato ad un indubbio allarme sociale – spiega l’avvocato Marco Russo - Le numerose intercettazioni su cui si basa l’indagine hanno disvelato quella che gli stessi partecipanti chiamano e definiscono una banda di calabresi e albanesi: un’organizzazione criminale che poteva contare su un ricorso sistematico alla violenza per raggiungere i propri obiettivi''.

Da una parte il braccio, l’albanese Ismail Rebeshi, dall’altra la mente, il calabrese Giuseppe Trovato, ''che ha la mentalità, la visione e la strategia tipiche della mafia’’.

''Trovato – prosegue l’avvocato Russo – ha utilizzato le sue origini e i suoi legami famigliari per intimidire chiunque si trovasse di fronte: ha sbandierato le sue origini come fossero un marchio di fabbrica''.

Una discussione, quella del legale del Comune di Viterbo, andata avanti per circa una quarantina di minuti: ''Abbiamo dimostrato l'esistenza dell'associazione mafiosa. Un'associazione che, come occorre sottolineare, non ha nulla a che vedere con la ‘ndrangheta. Non è mafia decentralizzata: siamo di fronte a qualcosa di autoctono, di autonomo, nato e cresciuto nel viterbese che per mesi ha messo in ginocchio il territorio e si è proposto alla città anche come entità parastatale a cui rivolgersi per farsi giustizia da soli''.

Esaurite le discussioni delle 19 parti civili, c'è stato spazio per le prime discussioni delle difese: a parlare l'avvocato Floro Sinatora per Spartak Patozi. Venerdì toccherà al fratello Shkelzen, che con ogni probabilità rilascerà spontanee dichiarazioni.  





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