ANNO 14 n° 110
Un viterbese a New York L'orgoglio degli yankee
>>>> di Andrea Bentivegna <<<<<
25/07/2014 - 02:01

di Andrea Bentivegna 

NEW YORK - Scendo nella Subway all'altezza della 34esima strada direzione uptow, il Bronx più precisamente. Non serve minimamente domandarsi quale sarà la fermata giusta, basta seguire la folla, che a ogni stazione è più numerosa, di capellini blu. Dopo circa quaranta minuti il treno si svuota e assecondando la marea umana mi ritrovo al cospetto del mitico Yankee Stadium.

Nei pochi metri che separano la stazione dai tornelli dello stadio si fa largo tra una folta schiera di venditori e soprattutto di bagarini che offrono biglietti. Sembra quasi di essere in un qualsiasi stadio di calcio italiano, insomma, tutto il mondo è paese, ma solo per questo motivo. Non appena varco i cancelli, infatti, si ripiomba dall'altra parte dell'oceano e per ricordarcelo ci viene regalato un cappellino blu Yankee.

Diciamolo subito: il baseball è tra gli sport più noiosi che esistano, eppure è forse il più popolare tra gli americani e viene da chiedersi il perché. La risposta è negli hot dog. Chiunque abbia visitato questo paese si sarà immediatamente reso conto dell'innata propensione che hanno qui per i barbecue. Si griglia praticamente di tutto, ogni giorno e in ogni luogo. Ecco, il segreto di questo sport (ma non solo di questo) è nel cibo. Una lunghissima partita di oltre tre ore, durante la quale il punteggio rimane a lungo invariato, è un perfetto espediente per mangiare e abbuffarsi come non ci fosse un domani. Il momento culminante è l'esecuzione dell'inno americano prima della partita, unico frangente in cui anche la masticazione viene momentaneamente interrotta per cantare a squarciagola, in modo davvero toccante peraltro, ma, dopo un sentito applauso, l'assalto al cibo riprende famelico.

Un ComboYankee Menu e ti porti a casa, al prezzo di 14 dollari e un fegato, due hot dog, una bibita e palate di patatine. Sembra una cosa normale detta così, ma per avere un'esatta idea delle porzioni locali invito ad osservare un atlante: le nostre quantità stanno a quelle americane come l'Italia sta agli Usa. Un calvario.

Se si sopravvive al cibo inizia lo shopping. Non siamo nemmeno a metà partita ma poco importa, si scende con un ascensore al pian terreno dove c'è lo store, anzi, gli store ufficiali. Qui si può trovare di tutto e quando dico tutto intendo veramente tutto. Maglie? Certo, ma anche pigiami e giacche, e fin qui tutto ok, ma poi si passa a improbabili abiti da sposa, servizi da tavola, corredi, persino tatuaggi per cani o gatti tutto rigorosamente firmatoYankee.

Il tempo vola, sono passate quattro ore e un quarto dal mio arrivo allo stadio e mi dico che ne ho abbastanza, posso tornare a casa felice e in overdose da calorie. La partita? Beh, non so bene, credo che al momento in cui sono uscito il risultato fosse di 3-2 per i padroni di casa con ancora una mezz'ora di gioco a disposizione, ma questo è davvero marginale. Del resto, ed è l'aspetto migliore, qui lo sport è davvero un passatempo non certo una questione importante come dalle nostre parti.





Facebook Twitter Rss