ANNO 14 n° 115
Lord Chandos ma ''iodipiù''
>>>>>>>>>>>>>> di Massimiliano Capo <<<<<<<<<<<<<<
28/04/2014 - 02:00

di Massimiliano Capo

VITERBO - Oggi mi sento come il Lord Chandos di Von Hofmansthal: ho la sindrome del foglio bianco e ogni cosa che scrivo mi sembra più inutile del solito al punto che sono qui davanti allo schermo del portatile e lo guardo da un po’ e niente.

La mia redattrice fashion blogger è all’altro capo di wozzap e immagino che maledica sobriamente il mio ritardo e io sono qui, sul divano, a cominciare e poi ricominciare questa cartellina che le ho promesso entro venti minuti e ne sono passati dieci e io ancora nulla.

Ma proprio nulla di nulla.

Cioè una idea in testa ce l’ho ma non trovo l’attacco giusto, quello in grado di rapire voi venti lettori e trasportarvi nel mio piccolo mondo fatto di energie cosmiche e amori e sorrisi e sole e caldo.

Fuori è un tempo che dire dimmerda è dire poco. Sembra novembre e ha l’effetto di far scomparire ogni voglia anche quelle che non dovrebbero passare mai. E le idee si affastellano, e le dita scorrono sulla tastiera tanto per girarci intorno e niente.

Ma è ora di dimenticare, il tempo è quasi scaduto e io devo finirla con Lord Chandos e le sue preoccupazioni e devo avventurarmi dalle parti della piccola idea che da ieri mi frulla in testa e che non so come dire.

Proviamo e fanculo al foglio bianco e all’ansia da prestazione.

Allora, fuori è grigio e il grigio invita alla riflessione, ai bilanci, agli approfondimenti. Insomma a tutte quelle cose che rifuggo come le più inutili.

E così, per evitare di perdere tempo a far cose inutili, mi disegno un sole su un piccolo foglio bianco e poi ci faccio sotto un prato verde con un fiore al centro a forma di cuore e poi ancora un nuovo foglio e comincio a spostare il cuore come si faceva con i cartoon prima dei computer e quel cuore comincio a farlo volare e il sole a farlo sorridere e il cuore esce dal foglio e io continuo a vederlo volare e poi tornare e poi andare di nuovo e il sole sorridere sempre più contento e allora anche io mi rilasso e mi piace.

E ora che i fiori fanno i cuori e i cuori fanno le farfalle e il sole sorride e il prato verdeggia posso provare a scrivere che iodipiù.

A me questa cosa di iodipiù me l’ha suggerita come spesso le accade una ragazzina dai capelli rossi che più rossi non si può e a me questa cosa di iodipiù mi piace così tanto che ho cominciato a dirla sempre.

Perché dentro c’è tutta la voglia di andare oltre, di non risparmiarsi, di giocare, di aprirsi e di ricominciare ogni volta con ancora più voglia di prima. Qualunque cosa. Soprattutto l’amore.

Ti voglio bene – dico. E iodipiù – risponde.

E vale per tutto. Per tutte le energie che mettiamo in moto ogni giorno.

Per tutte le energie che ci attraversano, ci scuotono, ci cambiano.

Per andare oltre le ansie, le preoccupazioni, le delusioni che la vita ci mette innanzi ogni giorno e che ogni giorno la vita si fa perdonare con un sorriso, con uno sguardo, con una carezza.

Quell’iodipiù sta dentro le manine di GiorgiaPunk che corrono sempre più veloci sullo schermo dell’Ipad, dentro un abbraccio di un amico, sulla punta della lingua di chi limoniamo con passione, nell’orgasmo dell’amore più maiale che c’è.

Sta ovunque sia la nostra felicità. Sta anche dentro le nostre paure ed è il segnavia per uscirne.

Quell’iodipiù io lo adoro come adoro il cosmico delle energie e i bei culi al mare.

Come adoro il pollo della rosticceria e i ventagli dolci e appiccicosi di miele.

Come adoro la zuppa di crostacei mangiata di fronte al mare e i pranzi in campagna a respirare il profumo della vita.

Come adoro quel libro che sa rapirmi e portarmi dentro le sue storie o quella canzone che sa cambiare il colore di un giorno.

Ecco, a pensarci bene tutto quello che ci fa star bene è un iodipiù. È uno slancio oltre quello che siamo verso quello che saremo.

‘’Qualsiasi cosa si faccia al fine di raggiungere la felicità, non può mai essere classificata come cazzata vera.’’

L’ha scritto Irene Selbmann e io oggi avrei potuto scrivere solo questo perché dentro c’è tutto, ma.

Maiodipiù.





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