ANNO 14 n° 110
Tuscia in Jazz: Ferretti,
concerto dei due mondi
Il cantautore a Bagnoregio ha azzerato le distanze tra cinquantenni e ventenni
25/07/2014 - 02:01

di Stefano Mattei

BAGNOREGIO - L'anagrafe recita: Giovanni Lindo Ferretti nato a Cerreto Alpi il 9 settembre 1953, sessant'anni, oltre trenta di musica.

Forse per rispetto all'età del cantautore, forse per i tanti distinti signori over cinquanta che si aggirano accanto all'area ristorazione, Piazza Biondini di Bagnoregio, allestita in maniera ''intimista'' ed efficiente dai ragazzi di Tuscia in Jazz, è piena di sedie.

Noi, dai venti ai trenta abbondanti, siamo un po' delusi.

''Stasera è tranquilla''. Pensiamo. Niente baraonda sotto il palco.

Sono tutti silenziosi e in attesa, gentilissimi come i giapponesi che incontri sull'autobus per andare a Civita.

Prima di entrare nel concerto abbiamo chiesto un rum e pera alla signora di un bar. La signora ha versato il succo di pera (caldo) dentro al rum (caldo). ''Non si preoccupi signora, va bene lo stesso…''. Mentiamo per carineria. ''... Tanto stasera è tranquilla''.

Inizia il concerto. Pons tremolans, Amandoti (straziante come sempre), Tu menti, Tomorrow. Le ascoltiamo a distanza. Svagati e concentrati come si devono sentire queste canzoni. Poi arriva Mi ami?. Le persone si alzano e lentamente, composti come i giapponesi che attraversano il ponte di Civita, si dirigono sotto il palco.

Sono passati anni dal punk, dalle proteste, ma Giovanni Lindo Ferretti ha ancora le mani in tasca quando canta, i capelli rasati ai lati, gli occhi chiusi per cercare qualcosa dentro la sua timidezza complessa.

E’ come il pifferaio magico, le persone naturalmente seguono le sue parole, le sue note. Una donna balla lentamente con una bambina in braccio.

And the radio plays, Radio Kabul, Polvere, Occidente, Cupe Vampe. Lo spettacolo è entrato nel vivo. Ferretti ogni tanto apre gli occhi, scherza con il pubblico, declama a volte sarcastico, a volte intenso.

Accanto a me c'è uno dei distinti signori over cinquanta. Indossa la maglietta dei vecchi CCCP. Non è protesta, è altro. E’ molto di più e molto più in fondo.

Inizia Annarella. ''Lasciamo qui lasciami stare lasciami così, non dire una parola che non sia d'amore'.

Poi Del Mondo, Canto Eroico, Morire, Barbaro, Per me lo so, Irata, Ombra brada ed Emilia Paranoica. Si ritorna un po' al punk.

''Unità di produzione''. Cantiamo tutti in coro parole complesse. ''Delirio del potente, efficienza d’inetto, burocratica casta, potenza del pesante, preme compatta, schiaccia''. Si chiude con Spara Jurij.

Sotto il palco parte un leggero pogo piuttosto manierato. Poi, l'inchino finale. Ventenni e cinquantenni insieme applaudono.

C’è chi, seduto, ha ascoltato rapito, chi ha pogato, chi semplicemente è venuto a vedere ancora una volta un pezzo di storia, perché questa non è musica, è molto, ma molto di più. 






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