ANNO 14 n° 88
L'esperienza londinese
di Agnese Allegrini
La giocatrice di badminton torna
a casa dopo la delusione
06/08/2012 - 04:00

di Domenico Savino

“A Londra ho dato tutto, non posso lamentarmi. Nelle condizioni in cui ero ha fatto anche troppo”. Dopo l’esperienza a cinque cerchi, nonostante la sconfitta e l’eliminazione al  primo turno, Agnese Allegrini torna comunque a casa arricchita. Sembra un paradosso, ma dalle sconfitte si impara qualcosa. Era stato così anche a Pechino nel 2008 quando la giocatrice di badminton nata a Vignanello fu eliminata ben presto, giocando poco e male.

La storia di Agnese parte qualche anno fa. Il suo viaggio per Londra inizia nel 2010, dopo una lunga pausa: “Dopo le olimpiadi del 2008 volevo staccare la spina, alla fine ero distrutta. Nel frattempo ho fatto tante altre cose, ho preso il patentino da allenatore, ho studiato all’università. Nel 2010 ho ripreso la preparazione per arrivare a Londra, ma il problema è che sono costretta a viaggiare tanto, mi alleno da sola a Milano; ci sono pochi praticanti e quindi pochi allenatori che non permettono la crescita della disciplina. Del badminton dicono sempre che non è uno sport minore, ma poi lo diventa a tutti gli effetti”.

Agnese continua a battere sul tasto delle motivazioni e parla anche del suo ex allenatore: “A Londra sono andata sola, ho deciso di lasciare il mio allenatore, un danese, si chiama Kenneth Larsen. Ci sono state diverse incomprensioni e a certe condizioni non ci stavo. A Larsen devo tanto perché mi ha insegnato tanto, ma non comprendevo alcuni suoi atteggiamenti. Con questo non lo voglio  attaccare, mi diceva che le olimpiadi non sono un torneo importante, invece per me lo sono eccome. Io ci credevo e volevo far bene a tutti i costi, però tre mesi sono davvero pochi per preparare un appuntamento del genere e non potevo fare un miracolo”.

Scendendo nel particolare la ragazza compie un’analisi lucida della situazione, conosce bene la cura a cui deve sottoporsi per migliorare: “Allenarsi in solitudine non è facile – ripete insistentemente – più che l’aspetto tecnico o tattico a me serve qualcuno che curi l’aspetto psicologico. Ho bisogno di un guru che mi possa aiutare, ne ho conosciuto uno ma vive in India ed è sempre difficile vedersi. In quelle due partite ho incontro avversarie toste, la malese e la sudcoreana; in quell’arena si capiva poco e tutto questo mi ha portato in confusione”.

''Devo dire  - ammette la giocatrice di Vignanello - che nella seconda partita sono andata molto meglio, me la sono giocata con la sudcoreana che ha messo in difficoltà la numero uno al mondo, ecco perché dico che rispetto a Pechino è andata meglio. Ma non da sola, così non ce la posso fare''.

La solitudine non è solo quella di non avere un tecnico che possa essere un punto di riferimento sicuro e solido: il messaggio di Agnese è rivolto soprattutto a tutti coloro che hanno a cuore le sorti del badminton, uno sport che in Italia è poco praticato e tutto questo non permette la giusta crescita di chi gioca e deve affrontare appuntamenti così emozionanti e stressanti come può essere un’olimpiade. Agnese lo ha capito e in questo modo forse cerca di scuotere le coscienze per far sì che in futuro non si commettano gli stessi errori.







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