ANNO 14 n° 88
L'esempio della viterbese Shaymaa: ''È adesso che dobbiamo stare uniti''
Parla la studentessa 16enne, che racconta sul web la vita da musulmana
''Il velo? Mi piace, ma una volta me lo strapparono. E la Macchina di S. Rosa...''
25/11/2015 - 02:01

di Andrea Arena
e Roberto Pomi
 

VITERBO – Shaymaa ha il raffreddore. Forse lo ha preso sabato, in piazza Santi Apostoli a Roma: la manifestazione dei musulmani italiani contro il terrorismo, all'insegna dello slogan Not in my name, non nel mio nome, è stata inzuppata da una pioggia continua.

DAL TEVERE AL NILO E RITORNO Shaymaa Fayed strizza il kleenex e parla, racconta della sua storia di sedicenne musulmana, egiziana d'origine, nata a Roma, tornata sulle rive del Nilo (e non in senso figurato: la sua famiglia viene dal Delta, vicino ad Alessandria) e poi risalita in Italia, nella Tuscia. A Caprarola prima e dal settembre del 2007 a Viterbo. Insieme al papà e alla mamma, e a due fratelli: uno che studia per diventare ingegnere e l'altro che sta finendo il liceo scientifico al Ruffini.

QUANDO MI STRAPPARONO IL VELO Dopo sabato, questa ragazza di cui hanno parlato Il Corriere della sera e il manifesto e l'Espresso, i siti e le televisioni e che da un anno già gestisce un canale Youtube (''Vita quotidiana di una ragazza musulmana''), è qui con una dose d'energia che sembra raddoppiata. Brilla, come brillano i colori del suo velo tradizionale: ''Il velo? Ho deciso di metterlo in prima media – dice Shaymaa a Viterbonews24 -, nel secondo quadrimestre di quell'anno. Sono sempre stata attratta dall'indossarlo, non è che ci sia un'età precisa per farlo, così quando ne ho sentito l'esigenza ho fatto le mie ricerche, ho letto i precetti del Corano, e via, l'ho messo. Mi ricordo pure quando quel ragazzo della terza me lo strappò di dosso, con violenza, con ignoranza: ma quel gesto non mi ha fatto cambiare idea. Resto col velo perché ci credo veramente, e mi piace''.

Basterebbe questo per capire di chi stiamo parlando: una credente musulmana – lo dice il velo -, una studentessa modello – lo dicono i voti al liceo linguistico -, una testa pensante, e lo dice un'oretta di chiacchierata nel bar di via Vico Squarano, insieme alla madre Sohir (di cui avremo modo di raccontare la storia nei prossimi giorni), a due passi dalla casa popolare del Carmine.

LA FORZA DEL WEB ''Il canale Youtube me lo sono inventato un anno fa – continua Shaymaa – Su internet ne leggevo di tutti i colori, persone che parlavano dell'Islam senza saperne nulla. Parole al vento, e non solo da parte dei politici. Ho deciso allora di usare lo stesso mezzo per raccontare quello che io conosco bene, quello che vivo, come vivo. Per cercare di far capire che le differenze sono culturali perché è così che funziona quando si mettono a confronto due realtà, due tradizioni, due modi di vivere diversi. Ma punto, finisce lì: sono di più, molto di più, le similutidini. Io, noi, facciamo le stesse cose che fate voi: vado in piscina, per esempio, giro con le amiche nei soliti posti, al Corso, nei giardinetti del Comune, all'Ipercoop. Internet è un mezzo così potente, anche se mi rendo conto che molte mie coetanee lo usano per far vedere come si usano i trucchi... Io provo ad offrire un altro punto di vista, ecco. Alla mia famiglia non avevo detto nulla del canale, i primi ad accorgersene sono stati i miei compagni di scuola, poi i miei genitori mi hanno sostenuto con forza. Mio padre mi ha detto: devi difendere i tuoi diritti di persona, ma anche i tuoi valori''.

VITERBO OGGI, IL MONDO DOMANI Ma cosa vorrebbe fare, Shaymaa, quando sarà grande (ammesso e non concesso che grande non lo sia già, perché ad ascoltarla il dubbio viene)? Pure qui, nessuna titubanza: ''Andrò a fare l'università a Londra – dice sicura – Penso che farò la traduttrice, anche se sogno la carriera diplomatica, da ambasciatrice. Magari all'Onu...''. Seconda domanda politica, diciamo: cosa farebbe se fosse sindaco di Viterbo? ''Cercherei di creare più occasioni per i ragazzi, più spazi, anche pomeridiani. Viterbo per me offre poco, e sempre le stesse cose. In moschea? Ci vado, tre volte alla settimana, in media, anche se quando ci devo dare sotto con lo studio la frequenza può cambiare. Poi ci sono le vacanze con gli amici della Gmi, i giovani musulmani italiani: ogni volta in un posto diverso, spesso nel nord Italia. E sì, parliamo in italiano tra di noi''.

L'ISLAM E LA MACCHINA Ci sarebbe da chiudere col dolore che si mischia al terrore, in questi giorni d'incertezza europea (perché l'incertezza, in Medioriente, c'è sempre stata). ''Noi musulmani siamo le prime vittime del terrorismo, e spesso questo non si capisce. Non si capisce che noi abbiamo paura come voi, che a Parigi sono morti anche quindici persone di religione islamica, che un cameriere musulmano ha salvato delle vite. Ecco perché secondo me non dobbiamo dividerci proprio adesso, ma unirci. E avere rispetto l'uno dell'altro: io rispetto la Macchina di Santa Rosa, assisto al Trasporto ogni anno. E anzi, mi piace proprio''.





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