ANNO 14 n° 89
Le difese chiedono l'assoluzione: ''Paolo non ha ucciso nessuno''
09/06/2012 - 04:00

di Eva Kant

VITERBO – Commettere errori è umano, ma perseverare (nell’errore) è diabolico.

Questo, in estrema sintesi, il messaggio lanciato dagli avvocati di Paolo Esposito, Enrico Valentini e Mario Rosati, alla Corte d’assise di Roma durante un’arringa durata oltre quattro ore.

E’ stata celebrata ieri mattina (8 giugno) la terza udienza del processo d’appello a carico dell’elettricista di Gradoli e della cognata-amante Ala Ceoban, condannati in primo grado all’ergastolo per l’uccisione di Tatiana Ceoban (compagna del primo e sorella della seconda) e della figlia tredicenne Elena.

“Partendo da quel sabato 29 maggio (giorno della misteriosa scomparsa delle due donne, ndr) – ha spiegato l’avvocato Valentini - abbiamo ricostruito i fatti oggettivi e ripercorso tutta la fase delle indagini preliminari, lacunose e sommarie, confutando per intero il quadro accusatorio”.

Dal mancato ritrovamento dei cadaveri e dell’arma del delitto, passando per i tabulati telefonici e gli accertamenti peritali, fino a quelle ventisette tracce ematiche rinvenute nella cucina della villetta di Cannicelle, (“di dimensioni troppo piccole per testimoniare una mattanza”), i legali hanno tentato di smontare il castello accusatorio (“talmente approssimativo da lasciare ancora oggi troppi punti oscuri e irrisolti”) chiedendo l’assoluzione di Esposito.

Valentini e Rosati, del resto, non hanno mai risparmiato critiche al modus procedendi del pool inquirente viterbese e al ragionamento logico-giuridico, considerato “incoerente ed impreciso”.

 

“E’ stata una battaglia dura e appassionata”, ha commentato l’avvocato Valentini, raggiunto telefonicamente nel pomeriggio di ieri. “Adesso confidiamo che la Corte accolga le richieste istruttorie (che erano state depositate il 2 maggio scorso, ndr)”.

La seduta è stata aggiornata al 20 giugno prossimo: si aprirà alle 9,30 con l’arringa difensiva del noto penalista romano Pierfrancesco Bruno, legale di Ala. Successivamente, la Corte capitolina presieduta da Mario D’Andria, con a latere Giancarlo De Cataldo (gli stessi giudici che, nell’ambito del procedimento di via Poma, hanno assolto Raniero Busco, condannato in primo grado a 24 anni per l’assassinio di Simonetta Cesaroni) dovrà pronunciarsi sulle istanze presentate dal collegio difensivo. In caso di non accoglimento sarà emesso il verdetto di secondo grado.

 



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