ANNO 14 n° 110
L'Arci di Viterbo aderisce alla mobilitazione dei braccianti agricoli di domani
20/05/2020 - 20:50

VITERBO - Arci Viterbo aderisce alla mobilitazione promossa dai braccianti agricoli per il 21 maggio contro lo sfruttamento e il caporalato. Nonostante le continue denunce, inchieste e rapporti che documentano un fenomeno che riguarda quasi mezzo milione di persone, le iniziative legislative e gli interventi istituzionali non riescono ad arginare un fenomeno vergognoso che affonda le sue radici nella storia del mondo del lavoro. Ancora ieri nelle campagne dell'agro pontino un imprenditore ha massacrato di botte un bracciante dopo averlo licenziato e cacciato dal lavoro. Episodi che si ripetono in continuazione e in tutte le aree agricole del paese.

La Tuscia ha registrato negli ultimi mesi un crescendo di denunce di datori di lavoro per il reato di sfruttamento introdotto dalla Legge 199/2016 che dimostra chiaramente come il fenomeno non riguardi solo il Sud del paese, ma sia entrato prepotentemente in tutte le realtà in cui vi sono imprenditori senza scrupoli, intermediari e professionisti che li supportano e mano d'opera vulnerabile da sfruttare. Nel nostro territorio non abbiamo le baraccopoli tristemente note di alcune zone d'Italia, ma ci sono piccole concentrazioni di lavoratori migranti che convivono in condizioni molto precarie in abitazioni fatiscenti o direttamente nelle aziende presso dimore indecenti. Registriamo inoltre, insieme ai sindacati il fenomeno della elusione contributiva che molte aziende mettono in atto denunciando all'INPS molte giornate in meno di quelle effettivamente lavorate, un mancato rispetto dell'orario del lavoro e del corretto impiego dei presidi di sicurezza. Ovviamente non si può generalizzare perché esistono anche molte imprese sane che meritano tutto il nostro sostegno soprattutto contro la concorrenza sleale dei disonesti.

La lotta allo sfruttamento in agricoltura passa attraverso la mobilitazione e l'impegno delle istituzioni dei sindacati, del terzo settore fino all'ultimo cittadino che può fare leva sulla sua spesa quotidiana pretendendo che il prodotto che porta in tavola sia realizzato senza sfruttamento.

 

 






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