ANNO 14 n° 110
Punk forever, La primavera
>>>>> di Massimiliano Capo <<<<<
24/02/2014 - 00:00

di Massimiliano Capo

Hai presente quando senti che la primavera sta arrivando e che i fiori ti crescono dentro e che il sole ha un altro colore e che tutto sembra rotolare felice verso l’estate come due amanti in un campo di grano che scopano da maiali?

Ecco, sono due giorni che mi sento così.

Tipo un pesco in fiore, un ciliegio tutto rosa che manco in Giappone, un bocciolo di margherita di campo pronto a dischiudersi.

Insomma un tripudio di colori e profumi.

Sarà il sole che da due giorni ha stabilmente preso possesso del cielo, sarà che l’aria è più calda, sarà che siamo già quasi a marzo, ma io ho anche rimesso i calzini di cotone.

E mentre ero lì a scegliere i più colorati per omaggiare il mio stato interiore mi è tornato in mente che la primavera è la stagione dell’amore.

E anche se, come diceva il poeta, aprile è il più crudele dei mesi e, come diceva l’altro poeta, a primavera si rinasce cervi (che di per sé non mi sembra un grande obiettivo) io no, non ci sto (e con questo chiudiamo con i poeti).

Per me la primavera è la stagione dell’amore.

E dell’innamoramento. Perché le gonne si accorciano, le gambe si scoprono, i colori si colorano, i capelli si gonfiano, i cappelli si indossano, gli occhi si fanno più chiari e hanno la consistenza dell’acqua, trasognati e dolcidolci.

E io a primavera mi sono sempre innamorato. Con scientifica puntualità. E poi ieri è finito Sanremo e io non l’ho visto ma perché non ero a casa e non ho potuto altrimenti lo avrei fatto perché a me le canzoni di Sanremo mi piacciono e anche quelle fanno primavera con le loro note calde e quelle melodie sempre uguali che puoi cantarle sotto la doccia e urlarle al cielo lassù e poi riderci e piangerci sopra e ripensarci e poi riderci di nuovo senza smettere per ore.

E io l’altro giorno a Sanremo, nell’unico momento che l’ho visto ho riascoltato una canzone meravigliosa di Lucio Dalla che si intitola Cara e che dice delle cose bellissime e che io avrei voluto dire tante volte nella vita perché alla fine le parole dell’amore sono sempre le stesse e a cambiare è l’amore non le parole.

E sta tutto lì. Nel dirle ogni volta come fosse la prima perché ci sembra davvero che sia la prima, di non averlo mai detto che quel sorriso io non l’ho mai visto e che con quegli occhi non mi ha guardato mai nessuno prima.

E a pensarci bene è proprio così. Cambia tutto meno le parole per dirlo. E si rinnova tutto anche dentro le stesse parole.

Insomma, quella canzone la cantava Ron l’altra sera e io mi sono emozionato a sentirla perché mi è tornata in mente la prima volta che mi è arrivata all’orecchio e a me mi piaceva una ragazzina dai capelli rossi e la vedevo sempre e un giorno me la fa ascoltare e io non ho smesso mai più di farlo e mi ricordo che comprai una cassetta e ce la registrai sopra per portarla con me sempre e la sentivo col walkman. Sulla cassetta c’era solo quella canzone. Solo quella per ore e io la so a memoria e ogni volta che la canto ripenso a quella primavera e a quella canzone e al walkman e a un portone e a una scala e a me e a lei seduti che sarà stata mezzanotte e fuori era il fresco della primavera di notte che sembra più freddo che altro.

E insomma ero lì e lei mi dice ho un’idea e io le rispondo quale? E lei ad insistere con ho un’idea e io a dire quale? E a stare vicini vicini e ancora più vicini che si sentiva il caldo del respiro e le mani che si sfioravano e io a dire e dimmela questa idea e dentro di me a bestemmiare e a dire e dilla ‘sta cazzo d’idea, dilla cazzo, dilla ora, e invece dopo un po’ che eravamo lì e nessuno diceva niente perché niente c’era da dire ma molto c’era da fare e da baciare soprattutto, insomma dentro e dopo quell’interminabile silenzio, lei se ne esce con un sospiro e con un dai è tardi e domani c’è scuola che mai ho odiato così tanto come quella volta e me ne sono andato guardando lei scomparire sulle scale e io uscire come in un prequel di sliding door da quel portone di merda che ancora oggi quando ci passo davanti lo odio.

Perché io quella sera ho imparato che se la tua ragazzina dai capelli rossi mentre ci stai seduto di fianco e la guardi e lei ti guarda e poi le prendi le mani e lei ti stringe le tue e gli occhi non si staccano e le ginocchia si sfiorano, insomma in un intrigo di corpi sensazioni emozioni e non so cos’altro, ecco in quei momenti tu alla tua ragazzina dai capelli rossi la devi baciare.

Ma baciare baciare, tipo che apri le labbra e sono morbide morbide e scopri il sorriso e tiri fuori la lingua ma piano e dopo è solo stelle nelle testa, farfalle nelle stomaco e tutto che gira.

Perché pomiciare con la ragazzina dai capelli rossi è come volare in assenza di gravità sul Soyuz degli anni sessanta. Tipo che quando atterri nulla è mai più come prima e vorresti ripartire subito per un’altra missione interstellare e non fermarti mai più.

Morale della favola: entrate nei portoni, sedetevi, ascoltatevi, ma soprattutto baciatevi.





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