ANNO 14 n° 89
La criminologa: simulazione per suggestione o un gioco finito male
di Ilaria Magnanti
28/05/2015 - 00:00

Abbiamo chiesto alla dottoressa Ilaria Magnanti, criminologa, di inquadrare dal punto di vista criminologico-scientifico la tragica vicenda del bambino di undici anni morto impiccato a Soriano nel Cimino. Di seguito pubblichiamo la sua analisi. 

VITERBO - Contattata dalla redazione di ViterboNews24, con le poche notizie a disposizione in riferimento al caso, si può con tutte le cautele possibili, tratteggiare un quadro criminologico-scientifico adattabile alla vicenda, così come tratteggiata dalla stampa.

Preliminarmente il giudizio sarà esclusivamente scientifico e privo di specifici riferimenti alla vicenda di cronaca giudiziara, alla quale si è estranei e pertanto tutto quello che verrà scritto e ipotizzato è solo frutto dello studio della materia e di accostamenti a casi simili e precedenti rilevanti trattati dalla scienza criminologica.

Va innanzitutto riferito come i casi di suicidio nella fase di passaggio tra la terza infanzia (6-10 anni) alla prima adolescenza siano statisticamente rari. Questo perché l’elaborazione del concetto di ''morte'' nelle fasi indicate, soprattutto nell’adolescenza, è caratterizzato da irreversibilità, universalità e imprevedibilità.

Infatti è noto come in tale periodo l’essere sia affascinato dall’evento morte al quale pensa assiduamente, senza averne ancora acquisito l’estrinseco concetto di definitività, né tantomeno che tale concetto possa essere attribuibile alla sua esistenza biologica.

Tale naturale approccio al concetto esiziale della morte, può essere deviato da una serie di cause e concause.

Scientificamente tali fattori scatenanti sono individuabili in particolari situazioni di disagio emotivo legato o connesso ad eventi familiari traumatici o che intervengo in maniera traumatica nella fase di crescita (separazione, lutto et cetera) oppure sono ravvisabili nel ristretto contesto sociale in cui si sviluppa la personalità (bullismo, emarginazione, emulazione).

Di certo va detto che la soglia di sofferenza è in via di progressivo abbassamento verso i 9-12 anni, proprio come il caso in discorso, e pertanto anche l’individuazione dei segni premonitori si sta caratterizzando con le tipiche modalità di espressione dell’età infantile, creando un nuovo dogma di riferimento.

Nel 2011 in Francia una bambina di 9 anni si è procurata la morte lanciandosi dall’altezza di 15 metri poiché, in quanto diabetica, viveva uno stato di conflitto a causa dell’impossibilità di mangiare dolciumi, impedito nel caso di specie dalla baby sitter molto apprensiva, lasciando scarabbochiato su un foglio che non ne poteva più e si sarebbe buttata di sotto.

Questo, in quanto, nei bambini la linea tra volontà di morire e gesto impulsivo per l’incapacità di accettare la realtà è molto sottile.

Ma quello che si rileva nella vicenda di questi giorni non è l’ipotizzata impulsività del gesto come reazione ad una situazione scatenante, ma l’apparente organizzazione del pensiero per raggiungere l’evento morte.

Quindi al netto di episodi traumatici, che ad oggi non possiamo conoscere, o di segni premonitori che potrebbero cambiare il profilo, l’ipotesi di una emulazione per suggestione è allo stato più accreditabile.

Infatti in questa particolare fascia evolutiva e nella precedente è caratteristica l’emulazione come metodo di apprendimento e di espressione del proprio ''io'', determinata dalle suggestioni circostanti, sia derivanti dal nucleo famigliare (sport violenti, caccia, violenza in famiglia) che dal contesto sociale (comportamenti di altri coetanei, rievocazioni storiche ispirate alla violenza).

Di certo gli input mass mediatici e l’iterazione con gli strumenti multimediali (console, giochi, social – alcuni ispirati alla violenza) sono fra le maggiori cause di suggestione, che possono alterare l’elaborazione del concetto morte, portando il soggetto a compiere gesti senza averne la consapevolezza degli esiti esiziali.

Un gioco finito male o una sperimentazione per suggestione senza coscienza degli esiti.

Dottoressa Ilaria Magnanti, criminologa





Facebook Twitter Rss