ANNO 14 n° 88
''Io non ce metto niente a andą su e a sparargli dentro casa''
Pestaggi e minacce per farsi pagare le dosi di cocaina: i metodi della banda sgominata dai carabinieri e dalla Dda di Roma
18/06/2019 - 07:03

di Barbara Bianchi

VITERBO -  ''Io non ce metto niente a andà su e a sparargli dentro casa''. Ci sarebbero state anche le minacce e i pestaggi tra i metodi utilizzati dalla banda per farsi pagare le dosi di cocaina cedute e mai saldate.

Una banda italo-albanese che, secondo i carabinieri di Viterbo e Soriano nel Cimino, gestiva i principali traffici di stupefacenti del capoluogo e dei comuni limitrofi. Prima l’approvvigionamento in Belgio e in Albania, poi la suddivisione in dosi, l’occultamento sottoterra della cocaina e infine il suo spaccio, attraverso una fitta rete di pusher disseminati su tutto il territorio. E a chi non pagava, lo sarebbero andati a cercare sotto casa o sul posto di lavoro. Intimidazioni, botte, violenza, perché è così che avrebbero risolto la maggior parte dei loro problemi: ''Lo devono capì come funziona – avrebbe detto uno degli indagati intercettato in macchina dagli inquirenti – noi non siamo stupidi. Come è successo con quello de Montefiascone: gli ho menato, gli ho rotto pure le ossa e dopo tre giorni m’è venuto a portà 700 euro tutti cash''.

A finire nella lente della direzione Distrettuale Antimafia che per mesi ha coordinato le indagini, 23 persone, indagate a vario titolo di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti in concorso, estorsione, sequestro di persona, detenzione abusiva di armi e lesioni gravi. In carcere, dopo il blitz dei carabinieri di giovedì scorso, sono finiti i presunti promotori e organizzatori della banda Renato Hasa, Bledar Shtembari, Jiulian Tare, Erion Collaku, Fatjan Sopi, Mario Kelmendi e Armand Cuni, mentre ai domiciliari Angelica Cazzato, Rudenc Medolli, Domenico Pennacchietti, Massimiliano Petrucci e Nehat Sekjirov.

Tutti appartenenti consapevolmente, secondo l’accusa, ad un ''sodalizio criminale dalla struttura ben efficiente e ramificata''.

''All’interno dell’organizzazione – si legge nelle oltre 90 pagine di ordinanza di custodia cautelare a firma del gip romano Vilma Passamonti – vi è una chiara sia pur rudimentale ripartizione dei compiti, dotata di una struttura definita e piramidale al vertice della quale si pongono Hasa, Shtembari e Tare''.

E proprio il 44enne Shtembari ieri mattina si è presentato di fronte al gip di Frosinone, per l’interrogatorio di garanzia: assistito dal suo legale, l’avvocato Franco Taurchini, si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Sarebbe stato lui, assieme ai due presunti sodali connazionali, a far arrivare la cocaina sul territorio italiano e poi, attraverso una fitta rete di pusher a distribuirla sulle principali piazze di spaccio della provincia.





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