ANNO 14 n° 111
''Io, mamma e studentessa. Col velo''
Sohir Fayed, mamma di Shaymaa:
''In Italia ho ricominciato da capo''
26/11/2015 - 02:01

di Andrea Arena
e Roberto Pomi

VITERBO – Sohir Fayed, madre di Shaymaa – la giovane viterbese tra i protagonisti, sabato scorso, della manifestazione islamica contro l’Isis di Roma - racconta la storia della sua famiglia musulmana in terra di Tuscia. Dall’altra parte del Mediterraneo l’Egitto e la casa d’origine vicino ad Alessandria.

Tre figli cresciuti in Italia, oggi studenti. Il più grande si prepara a diventare ingegnere biomedico a Torvergata, il medio sta per affrontare la maturità al liceo scientifico Paolo Ruffini e Shaymaa, la piccola di casa e l’unica femmina, studentessa al terzo anno del liceo linguistico. Il padre ha tra le mani un mestiere da cuoco a San Martino, con cui manda avanti la famiglia. Nel 2006 l’arrivo nella Tuscia, dove l’uomo si guadagna da vivere. Moglie e figli da qualche anno sono rientrati nel Maghreb. Decidono di ricongiungersi e Sohir lascia l’Egitto e il suo lavoro nella sanità del Paese, da tecnico di laboratorio analisi.

L'ARRIVO A CAPRAROLA E IL TRASFERIMENTO A VITERBO Stanno circa un anno a Caprarola. ''Non siamo stati accolti bene. In realtà ci hanno trattato piuttosto male'', ricorda Sohir con la leggerezza con cui è possibile raccontare i dolori lasciati nel passato. A Viterbo le cose hanno girato da subito in maniera diversa. Il primo giorno al Pilastro hanno trovato il sorriso di Monica, una vicina diventata amica. Poi il trasferimento al Carmine, dove vivono oggi.

LE SFIDE QUOTIDIANE DI SOHIR E il presente di Sohir è ricco di sfide. Ora è universitaria alla Sapienza, perché ha bisogno di un titolo per cercare di ritornare al suo vecchio mestiere. La qualifica presa in Egitto infatti non è riconosciuta in Italia. Dopo il suo ritorno si è rimessa in carreggiata, spinta dall’insistenza dei figli, ed è stata – prima di riuscire a superare il test d’ingresso a Roma – studentessa per un anno di scienze biologiche all’Unitus.

''Sono stata la prima donna con il velo all’Università della Tuscia. C’erano, prima di me, altre donne islamiche ma non lo indossavano. Ricordo il primo giorno. Tutti mi guardavano, neanche fossi stata la moglie di Osama Bin Laden. Mi bloccai sulla porta e stavo per andarmene, poi mi sono detta che il mio velo non poteva rappresentare un ostacolo per i miei obiettivi e ho proseguito''.

E questa fiducia in sé è l’insegnamento che ha sempre cercato, insieme al marito, di trasmettere ai figli. ''Ho sempre detto loro di non sentirsi mai stranieri in Italia, né di pensare di essere inferiori agli altri''.

Sohir lavora anche come domestica, con un approccio di questo tipo: ''Le persone per cui lavoro sono per me come dei genitori''. Dall’altra parte del Mediterraneo era lei ad avere una persona ad aiutarla in casa.

LA CONDANNA DEL TERRORISMO Sul terrorismo la condanna è piena e a sentire parlare la madre si capisce da dove viene fuori la forza e l’eleganza dimostrata dalla giovanissima Shaymaa. ''Noi islamici siamo le prime vittime dei terroristi. Noi che non abbiamo fatto nulla ma siamo guardati male. Il Profeta ci ha insegnato il rispetto per le altre religioni. Sento dolore se qualcuno fa del male a una chiesa e a Natale, anche se per i musulmani non è festa, faccio gli auguri ai miei vicini. Andiamo anche a vedere, ogni anno, la Macchina di Santa Rosa e la trovo una cosa bellissima. Dobbiamo creare amore tra tutte le religioni, serve rispetto reciproco. Sarebbe bello anche per noi avere una bella moschea, ora preghiamo e ci incontriamo in uno spazio a via Garbini''.

''Comunque ci sono anche tante persone accoglienti e carine. L’altro giorno una signora anziana che non conoscevo mi ha chiesto un passaggio in macchina per andare alla farmacia che stava per chiudere. L’ho accompagnata e le ho chiesto: 'Non hai paura a stare in macchina con me?'. Lei mi ha chiesto: 'Perché dovrei?'. E io: 'Perché sono musulmana'. Mi ha sorriso e detto: si vede che sei una brava persona''.





Facebook Twitter Rss