ANNO 14 n° 89
Investito, muore dopo
tre mesi di agonia
Sono ancora tutte da chiarire le cause reali del decesso del 62enne
16/12/2016 - 02:02

VITERBO – Venne investito vicino alla fermata degli autobus di Capranica, dopo tre mesi di ricovero e di agonia morì nella struttura di riabilitazione di Villa Immacolata, a San Martino al Cimino. Ma quali sono state le reali cause del decesso del 62enne A.J. allevatore di animali esotici? In aula è scontro tra le consulenze. Da una parte quella del medico legale Daniele Piergiovanni, nominato dall’accusa, dall’altra quella del professore Giulio Sacchetti, nominato dalla difesa di F.I. che, per quella morte, deve rispondere di omicidio colposo.

Il 13 agosto del 2011, infatti, sarebbe stato lui alla guida dell’autovettura che inavvertitamente avrebbe urtato e ferito l’allevatore sutrino. Secondo la ricostruzione dei testimoni della difesa, per l’uomo sarebbe stato totalmente impossibile notare la presenza del 62enne sul ciglio della strada: il sole contro il parabrezza e l’ombra degli alberi, infatti, avrebbe creato delle pessime condizioni stradali.

L’uomo, trasportato d’urgenza all’ospedale Gemelli di Roma mostrò da subito un quadro clinico generale alquanto compromesso. Ma non in conseguenza dell’impatto, come spiegano i consulenti medici: il 62enne, già affetto da diabete mellito cronico e colpito da ictus, presentava delle pregresse condizioni di salute totalmente precarie e instabili.

Ed è proprio su questo dato che la difesa dell’odierno imputato tenta di far forza: secondo l’avvocato, il decesso dell’allevatore non sarebbe avvenuto per il prolungato allettamento causato dall’incidente, ma da un lento e costante deterioramento del suo fisico, che avrebbe portato ad una crisi cardiorespiratoria. Totalmente slegata dalla lunga permanenza nei letti di terapia intensiva del Gemelli prima, e nelle stanze di riabilitazione di Villa Immacolata, poi.

Di tutt’altro avviso il consulente della Procura. Per lui le cause del progressivo decadimento fisico di A.J. sarebbero proprio da ricercare nell’allettamento. Anche se, come sottolinea davanti al giudice Rita Cialoni, ‘’la situazione era comunque molto compromessa, stiamo parlando si un paziente pluripatologico.’’.

Si tornerà in aula fra alcuni mesi, per ascoltare i testimoni di parte civile.






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