ANNO 14 n° 110
''In Europa la strategia
dell’economia familiare''
Nota di Stefano Signori
presidente di Confartigianato
27/08/2015 - 17:04

Dal presidente Confartigianato Stefano Signori riceviamo e pubblichiamo

VITERBO - La crisi dei mercati finanziari internazionali, avviata per lucrare attraverso un’enorme speculazione, ha finito per far indebitare gli stati nazionali nel loro tentativo d’impedire il crollo dei mercati. Oggi gli stessi stati, la cui sovranità è delegittimata da istituzioni private sovranazionali e resa inefficace dalle politiche nazionali conservatrici, si trovano alle prese con una crisi il cui costo nuovamente si fa ricadere sui ceti più deboli. Le scelte dei governi conservatori calano su collettività e singoli, si prolungano attraverso le generazioni lasciando indenni, anzi più ricchi, i ristretti settori che quella crisi l’hanno prodotta e che da quella crisi si sono avvantaggiati.

Confartigianato da alcuni anni denuncia e contrasta la profonda crisi che pesa sui settori artigiani che, con necessità più articolate di quelle legate alle sole dinamiche di mercato, sono in gravissima difficoltà. Le realtà più a rischio sono quelle di piccole dimensioni, aziende e imprese rappresentative dell’economia familiare, che negli anni hanno garantito occupazione, ricchezza, riqualificazione di quei territori svantaggiati e, il più delle volte, abbandonati a se stessi tanto dalle amministrazioni quanto dalle grandi aziende propositive e produttive solo ed esclusivamente in progetti di “ampia scala”. Sono le nostre piccole imprese, quelle a conduzione familiare, il cuore e le gambe del nostro Paese: quelle realtà che hanno sempre portato avanti con professionalità e competenza il lavoro di “piccolo cabotaggio“ tra territori limitrofi e di “piccolo cablaggio” fra reti d’interessi. In altre parole le Pmi si sono da sempre fatte carico della mole di lavoro che le grandi aziende, le big “strutturate”, hanno sempre bypassato perché economicamente irrilevante o svantaggioso. I “piccoli”, cioè, hanno saputo distanziare i “grandi” troppo intrisi di quella filosofia di pensiero dilagante che respinge tutto ciò che non ritiene economicamente e socialmente accettabile. Nell’Europa del conservatorismo economico e imprenditoriale, che non ha saputo favorire l’instaurazione di un governo economico europeo democraticamente legittimato e dotato di ampi poteri d’intervento, poco si recepisce del valore aggiunto delle imprese a carattere familiare che hanno fatto dell’Italia la differenza in ordine di grandezza e di economia di piccola scala.






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