ANNO 14 n° 115
Il lavoro nero in Italia
vale 77 miliardi di euro
Turchetti (Uil) illustra i dati Istat del Servizio Politiche del Lavoro
26/10/2016 - 10:05

VITERBO - ''L'economia sommersa da lavoro irregolare 'vale' in Italia 77,2 miliardi di euro. Ed è in crescita anno dopo anno''. A dichiararlo è Giancarlo Turchetti, Segretario generale della Uil di Viterbo, in base ai dati Istat rielaborati dal Servizio Politiche Attive e Passive del Lavoro della Uil.

 ''Dal 2006 al 2015 – prosegue Turchetti – grazie agli accessi ispettivi del Ministero del Lavoro, dell'Inps e dell'Inail, sono stati accertati contributi e premi evasi per un ammontare complessivo di circa 16 miliardi di euro (equivalenti a una Finanziaria) e pari a un miliardo e mezzo di euro ogni anno. Su 270mila aziende ispezionate, il tasso di irregolarità è stato del 65,5%. I lavoratori trovati irregolari sono 250mila in media ogni anno, di essi il 43% è in nero. A dimostrazione che sono i lavoratori – e i diritti dei lavoratori – a pagare il vero prezzo della crisi''.

''Per la Uil – spiega il segretario Confederale Uil, Guglielmo Loy – il contrasto al sommerso lavorativo deve essere affrontato in maniera forte, non solo riguardo all'aspetto più socialmente odioso e grave quale il lavoro totalmente in nero (sul quale un grande passo in avanti è stato fatto con l'approvazione in questi giorni della legge contro il Caporalato), ma anche sul versante della irregolarità lavorativa che si cela in diversi tipi di violazioni.

Tramite il nostro studio sul 'Lavoro irregolare', invitiamo a riflettere (e per chi ha il potere, a regolamentare il fenomeno) sul crescere della 'irregolarità' che fa meno notizia: ci riferiamo, in particolare a come si stia 'professionalizzando' un sistema, al quale accedono purtroppo troppi datori di lavoro, nell'aggirare, attraverso forme apparentemente legali, le disposizioni, sia normative che contrattuali, che regolano il nostro mercato del lavoro.

In particolare, segnaliamo come stiano trovando sempre più terreno fertile in Italia il fenomeno dei part-time finti, le co.co.co a forte odore di prestazioni da lavoro subordinato, cooperative che gestiscono servizi global service con condizioni di lavoro con tutele fuori dal perimetro regolato dai Contratti di lavoro e la sostituzione dei voucher ai rapporti di natura subordinata. Si pone quindi il tema di come il sistema delle regole (a partire dalle leggi) sia capace di adeguarsi, con un'ampia articolazione dei provvedimenti, alla pluralità di tali comportamenti non regolari a fronte di un obiettivo, ovviamente condivisibile, che vorrebbe privilegiare il contratto a tempo indeterminato (ancorché riformato, in maniera da noi non condivisibile, nel sistema di tutele, dal Jobs Act)''.

''Infatti, se parallelamente al processo di 'incentivazione' del contratto stabile – sottolinea Loy – non si interviene con altre 2 leve, difficilmente questo obiettivo sarà concretamente perseguibile: la prima leva è la stretta non tanto sui contratti temporanei, seppur in alcuni casi necessaria, ma soprattutto sulla pluralità di modalità con cui si viene chiamati a svolgere una prestazione. Ci riferiamo in particolare, alle Co.co.co. (ancora pienamente presenti), alle collaborazioni occasionali, ai voucher, alle Partite Iva non genuine, ai soci di cooperativa per obbligo, ai tirocini non curriculari a 'scarsa' funzione formativa. La seconda leva resta un efficace sistema di controlli (ispettivi). La speranza di farla franca da parte di imprese (per fortuna una minoranza) non corrette o oneste, resta infatti troppo alta senza una rete di ispettori visibile, attrezzata e rafforzata. A fianco del bastone (i controlli) – conclude Guglielmo Loy – si potrebbe pensare ad un intervento 'premiale' che valorizzi le imprese virtuose, attraverso condizioni di vantaggio e di riconoscimento positivo''.







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