ANNO 14 n° 89
Il Comune si riprende il Genio ma non trova un bello spettacolo
Ieri il passaggio di consegna dalla società in liquidazione che lo gestiva
Piccioni morti e degrado. Barelli: ''L'importante era riaverlo, poi si deciderà cosa farne''
09/02/2016 - 02:01

di Andrea Arena

VITERBO – Dentro al Genio non c’è una lampada. E’ buio pesto. Il che per un cinema o un teatro in piena attività potrebbe risultare pure comodo: gli amanti possono pomiciare, i sensibili commuoversi sui titoli di coda, i più coraggiosi potrebbero apprezzare meglio un filmone dell’orrore. Peccato che qui sia tutto spento da un pezzo: niente pellicole, niente spettacoli, niente magìa.

Il primo chiarore da chissà quanto tempo è arrivato ieri pomeriggio. Metaforicamente, perché il teatro Genio è tornato nelle disponibilità del Comune, e anche concretamente, visto che alzata la serranda e accese le torce, luce è stata.

LA VICENDA LEGALE Già, Palazzo dei Priori è rientrato in possesso della struttura di cui è proprietario. Ne ha preso le chiavi dal liquidatore che gestisce il procedimento di liquidazione della società che aveva in gestione questo posto, la Teatro Genio srl, vale a dire l’antica ditta prima di proprietà di Taurchini e poi passata ai fratelli Ferretti. Dallo scorso autunno, da quando è emerso in tutta la sua gravità il contenzioso con Palazzo dei priori (nei confronti dei quali la srl ha un centinaio di migliaio di euro di debiti), la società è in liquidazione. E in attesa che si risolva l’aspetto legale e che venga saldata la morosità di cui sopra, il Comune ha chiesto e ottenuto di buon grado – e in tempi sorprendentemente rapidi, per come vanno queste cose di solito in Italia – di rientrare in possesso dello stabile. Insieme al liquidatore e ai legali della controparte, c’era anche l’avvocato Ponticello, che rappresenta il Comune, e l’assessore al Contenzioso Giacomo Barelli. E c’era Viterbonews24, sprezzante del pericolo come al solito.

IL FOYER Il pericolo, sì. La paura del buio e tante altre fobie che uno neanche può immaginare si possano celare qui, nel cuore della città, nel cuore del pomeriggio. Eppure, dribblati i due pischelli che nel vicolo si rullano una sigaretta, la sensazione è subito strana. La serranda spessa, le lettere consegnate ma mai raccolte appena oltre. Ecco il foyer, l’ingresso nobile, i marmi, gli stucchi, il guardaroba e la cassa-biglietteria (''Un intero, due ridotti, cinque liquirizie e un sacchetto di pop corn’’): tutto vuoto, abbandonato, impolverato, e buio, ancora buio. Proprio qui si tenne uno degli ultimi eventi prima della chiusura: l’edizione 2015 di Chocolart, la benemerita rassegna di Confartigianato. Poi, il nulla.

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BUIO IN SALA Per entrare dentro la sala ci vuole coraggio, quasi come per andare a vedere uno qualsiasi dei ''capolavori’’ dei Soliti Idioti. Avanti. L’ambiente è immenso, 800 posti a sedere su tre livelli, e non sembra neanche ridotto malissimo, almeno qui al piano terra. Sopra, però, è peggio, specie al terzo e ultimo piano, la piccionaia con le gradinate. Dal soffitto scendono calcinacci, nastri rossi stracciati ovunque. Un pensiero corre rapido ai film visti qui, a qualche bacio rubato, alle brevissime assemblee scolastiche, alle sigarette fumate in fretta nei bagni (gli orinatoi sono ancora quelli, così tremendamente vintage). Quante generazioni viterbesi sono passate da qui è un pensiero che passa veloce e subito va via, perché la perlustrazione continua.

PICCIONI VIVI E PICCIONI MORTI Se le scale di servizio sono in condizioni pietose, tra guano e altro roba abbandonata, anche le altre non se la passano bene. Alcune finestre sono rotte, altre semplicemente spalancante. I piccioni hanno vita facile, o quasi, visto che un paio sono venuti a morire qui dentro. Ancora su, negli uffici. C’è la vecchia fotocopiatrice. Gli scaffali. Un telefono di quelli ancora a disco. Depliant. Due calendari ancora appesi al muro (uno del 2002, uno del 2005). Un manifesto di un film a luci rosse, terribilmente affascinante, terribilmente anni Settanta. Il poster della mitica Juventus in cui giocava Luciano Favero. Altre scartoffie.

Si riscende giù, allora, fino al seminterrato – che dà sull’ingresso secondario in via della Volta Buia -, dove c’è la caldaia. Qui bisogna muoversi ancora con maggiore cautela, perché il terreno è infido, e basta poco per rompersi qualcosa.

IL PROSSIMO SPETTACOLO Prima di tornare alla luce del sole, vale la pena scattare una foto all’assessore Barelli insieme ad una statuina dell’Oscar gigante (lui l’ha vinto, DiCaprio ancora no…). ''Da assessore al Contenzioso posso dire che siamo soddisfatti per essere tornati in possesso di questa struttura storica ed enorme, che può prestarsi agli utilizzi e alle soluzioni più varie, in futuro - spiega Barelli - Toccherà poi all’amministrazione decidere come muoversi, magari con un bando che possa verificare l’interesse di qualche investitore privato. Prima, comunque, credo che sia fondamentale un sopralluogo dei tecnici comunali per valutare le condizioni di sicurezza’’.

Ad occhio, serviranno parecchi soldi per qualsiasi progetto si decida di fare. Ma il posto è suggestivo, immenso, polifunzionale. Quando si torna fuori, dai ragazzini tabagisti, c’è un’altra locandina – dell’indimenticabile Casablanca – e una targa: ''Per volontà di pochi, sulle macerie della guerra, il teatro Genio rinnovato, ritorna alla sua funzione sociale’’. E’ datato 30 agosto 1948. E suonala ancora, Sam. 





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