ANNO 14 n° 114
I partiti e loro dirigenti sono morti, ma fingono
di essere ancora vivi
di Beniamino Mechelli
25/02/2013 - 22:39

VITERBO – Altro che tsunami, ciò che si è abbattuto sul mondo politico viterbese – e italiano – è una vera e propria Apocalisse: ''Dal cielo cadde una grande stella, ardente come una torcia, che piombò su un terzo dei fiumi e sulle sorgenti delle acque... Molti uomini morirono a causa di quelle acque, perché erano diventate amare''. Orbene, sulla Tuscia, come nel resto d’Italia, di stelle ardenti ne sono cadute ben cinque e non un terzo, ma l’intera classe politica è stata ''uccisa'' dalle acque amare come il fiele scaturite dalle urne.

Il movimento fondato dal comico Beppe Grillo è il primo partito sia a Viterbo città e in provincia. Viaggia borderline al 30% alla Camera e al Senato. A Montecitorio, Cinque Stelle  ha surclassato sia il Pdl che il Pd, ma ha sconfitto anche le relative coalizioni.  Pd al Pdl e i loro vari alleati dalle percentuali da prefisso telefonico, checché ne diranno, sono politicamente ''morti''.

Sono politicamente ''morti'' Donatella Ferranti, Peppe Fioroni, Alessandro Mazzoli, Alessandra Terrosi che, nonostante la batosta rimedita dal loro paritto, grazie alle legge elettorale porcata, sono stati nominati deputati del quasi defunto Partito Democratico. E’ politicamente ''morto'' Ugo Sposetti benché per l’identico motivo sia stato nominato senatore della Repubblica. Sono politicamente ''morti'', sebbene non se ne siano accorti o fingano di essere ancora vivi, il segretario provinciale del Pd Andrea Egidi e il suo vice Alessandro Dinelli. Tutti gli altri, dal Sel al Partito Socialista, in verità, non sono mai stati vivi.

Nell’identica situazione si trovano quelli del fronte opposto, il centrodestra. ''Morti'' Giulio Marini a Francesco Battistoni, Marcello Meroi a Franco Simeone, Laura Allegrini a Maria Gabriela Grassini. ''Morti'', prematuramente, anche i ''quarantenni'' Paolo Bianchini, Mauro Rotelli, Luigi Maria Buzzi e compagnia cantando, arruolati in Fratelli d’Italia. Non è bastato a tenerli in vita l’aver superato il 4% dei voti a livello provinciale. Forse hanno sofferto un po' meno degli altri, ma sono ''morti''.

I seguaci di Antonio Ingroia made in Tuscia non sono riusciti nemmeno a emettere il primo vagito. Abortiti. Così come è abortito il movimento neocentrista di Mario Monti, fermo al Senato su uno striminzito 6,26%, meno della metà di quanto gli era stato attribuito dai sondaggi. ''Morti'', e in avanzato stato di decomposizione, l’Udc e il Fli. Il più ''morto'' di tutti è il leader di quest’ultimo partito Gianfranco Fini che, dopo oltre 30 anni, è stato estromesso dal Parlamento.

A tutti lor signori non resta che una mossa da fare: disporre per tutti e ciascun di loro un solenne funerale politico. Lascino immediatamente tutte le cariche che ricoprono, si ritirino a vita, anzi a ''morte politica'' privata. Forse dalle loro ceneri potrà sorgere una classe dirigente nuova, in grado di far assumere ai rispettivi partiti quel minimo di credibilità indispensabile per tentare una disperata rinascita.

Le stelle di Grillo non brillano di luce propria, ma della luce che è stata su di esse dirottata dal buio cupo e torvo in cui sono piombati tutti i partiti. Aveva ragione il filosofo cattolico francese Emmanuel Monier quando, riferendosi al diffondersi del comunismo in Europa, affermava: ''La loro forza è la fisica dei nostri errori''.






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