ANNO 14 n° 116
''I bambini a casa non parlavano più''
In aula la testimonianza dei genitori degli alunni dell’asilo lager
14/10/2016 - 18:50

VITERBO – Pugni in faccia, schiaffi, calci, strattonate, trascinamenti a terra. Pizzicotti, gomitate e lividi. Tanti lividi. Talmente tanti da convincere le mamme che non si trattasse solamente di piccoli e banali incidenti: quei grossi ematomi, quei segni rossi sui corpicini dei loro bimbi dovevano essere il segnale di qualcosa di ben più grande. Fino alla scoperta. Fino alla materializzazione dell’incubo più oscuro per ogni genitore: dietro la facciata color pastello dell’asilo di Monterosi, un lager, in cui, per mesi, un’intera classe ha vissuto nel terrore.

Dopo l’arresto in flagranza di reato e il successivo patteggiamento a due anni della maestra Caterina Dezi, ora, in tribunale, la dirigente cinquantatreenne del plesso scolastico, Anna Grazia Pieragostini. A pendere su di lei, la stessa infamante accusa di maltrattamenti aggravati su minori, per cui il 6 marzo del 2014 scattarono le manette per l’insegnante.

Secondo il pubblico ministero Fabrizio Tucci, la dirigente non poteva non sapere. E aver taciuto, non aver agito, senza tutelare gli interessi e la salute dei piccoli sono le aggravanti che le contestano tutti i genitori dei bambini, presenti in aula.

''I bambini a casa non parlavano più. Il loro cambiamento era più che evidente – ha spiegato la mamma di uno dei piccoli– si facevano la pipì addosso. Ad ogni nostra sgridata si nascondevano con le mani, dietro pareti o sedie. Si autopunivano: non erano più come prima''.

Tremende testimonianze copia-incolla, quelle dei tre genitori sfilati davanti al giudice Silvia Mattei, nel corso delle tre ore di udienza: ''I piccoli avevano paura di andare a scuola, di sbagliare ed essere puniti. Dopo l’ennesimo episodio di violenza ci siamo confrontati: questa situazione era comune a tutti'', ha continuato un papà.

Cosa fare allora? ''Siamo andati a parlare con la preside per chiedere il suo aiuto: per mesi ci siamo sentiti ripetere che ci avrebbe pensato lei, che avrebbe agito tramite i suoi canali e avrebbe trovato una soluzione''. Ma di fatto, il nulla.

''Non ha voluto nemmeno che sporgessimo denuncia dai carabinieri, per evitare che si infangasse il buon nome della scuola, ma soprattutto perché non c’erano prove concrete di quello che stavamo dicendo: d’altronde tutto si basava sulle parole di bambini di tre anni che di fantasia ne hanno da vendere'', ha sottolineato un'altra mamma, con voce carica di rammarico e rabbia. ''Continuava a rassicurarci: lei avrebbe badato ai nostri figli e alla loro incolumità''.

E sarebbe stata così tanto dedita alla sua missione da non informarsi minimamente sui trascorsi della maestra Dezi: eppure c’erano. E non di poco conto. Trasferita da una scuola di Nepi a Viterbo, era stata monitorata, da un tutor, per tutto l’anno scolastico 2012-2013, perché numerosi genitori si erano lamentati dei suoi modi fuori dal lecito.

''Non sapevo nulla'', si sarebbe giustificata la dirigente. Ma forse era tenuta a farlo, trattandosi di individui indifesi.

Si tornerà in aula il prossimo 7 aprile, per ascoltare i testimoni delle parti civili.

Facebook Twitter Rss